Con le misure attuali la pensione di vecchiaia è sempre più complessa. Da un lato per i lavoratori che sono costretti ad uscire dal mercato del lavoro in età avanzata, e dall’altro per l’Erario, che deve sostenere un onere economico non indifferente (basti pensare che, fino al 2043, si stima un trend di spesa in crescita).
La maggiore incidenza finanziaria negativa sembra essere attribuibile a Quota 100, introdotta durante il Governo Conte su impulso di Matteo Salvini. Il problema, però, si ripercuote sulla sostenibilità nel medio e lungo periodo, aggravando l’equilibrio del sistema previdenziale.
Il problema della pensione di vecchiaia nel 2043
Accedere alla pensione di vecchiaia rappresenta un onere per gli attuali lavoratori, ma anche per i costi che deve sostenere il sistema previdenziale INPS. Secondo la Ragioneria dello Stato, anche tra 18 anni, quando le uscite si ridurranno, il totale delle risorse da impiegare sarà comunque consistente.
La soluzione, oggi, potrebbe essere quella di individuare delle riforme strutturali piuttosto che interventi congiunturali, che non fanno altro che rinviare il problema e dilazionare le criticità attuali.
Un esempio di intervento congiunturale è la potenziale sospensione dell’incremento dell’età pensionabile, a cui il Governo starebbe lavorando per fare in modo che il prossimo biennio venga “congelato”, evitando il passaggio ai 67 anni d’età e – secondo le attuali stime – 3 mesi in più.
Immigrazione e carenze di risorse
Il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli eccezionalmente elevati: oltre il 145% del PIL, e nessun impulso alla crescita economica a causa di un avvio rallentato. Il dato sembrerebbe essere in “stallo” a causa della scarsità di forza lavoro giovane e disponibile.
Le attuali proiezioni indicano che, nell’anno 2040, il nostro Paese perderà 5 milioni di lavoratori, e tra di essi non si potrà contare neppure sul contributo degli stranieri, visto che la Riforma Bossi-Fini ha reso sempre più complesso l’inserimento occupazionale degli immigrati.
Sul tema è intervenuto l’attuale presidente della Commissione bicamerale sull’immigrazione ed ex ministro, Graziano Delrio, che ha proposto di adottare il modello australiano e canadese, basato sull’incarico a un’azienda di promuovere assunzioni in presenza di specifiche necessità, e sulla conseguente regolarizzazione del lavoratore immigrato.