Sulle pensioni da riconoscere nel 2025 l’ente previdenziale potrebbe essere “a debito” per la gran parte dei pensionati. A confermarlo sarebbe un conteggio specifico effettuato tramite la perequazione, che garantirebbe un cedolino più sostanzioso.
Il sistema previdenziale italiano si basa sul principio di adeguare gli importi previdenziali ai tassi di inflazione, e quest’anno l’INPS potrebbe dover riconoscere delle cifre più alte. Lo stesso meccanismo si sarebbe dovuto applicare l’anno scorso, ma alla fine dei conti così non è stato.
Come andranno le pensioni nel 2025?
Teoricamente, la perequazione sulle pensioni 2025 dovrebbe concretizzarsi e risultare “a credito” per gran parte dei pensionati italiani. Una situazione che purtroppo nel 2024 non solo non è avvenuta, ma la Corte Costituzionale ha decretato lecito il comportamento del Governo.
A questo proposito l’adeguamento che sarebbe dovuto avvenire l’anno scorso, non è avvenuto e dunque l’Esecutivo – non avendo alcun obbligo – ha deciso di non rimborsare i pensionati.
A fronte dell’accaduto, per quest’anno il Governo ha voluto rivisitare la perequazione proponendo delle nuove fasce (nonostante la Consulta in precedenza non avesse bocciato la scorsa).
Le nuove fasce
In precedenza il meccanismo di perequazione era composto da 6 fasce, partendo dall’adeguamento al 100% sul tasso di inflazione, e fino ad arrivare al 22% per i cedolini previdenziali più alti di 10 volte il trattamento minimo.
Oggi le percentuali stabilite sono soltanto 3, il 100% in previsione dei cedolino fino a 4 volte massimo il trattamento, il 90% per la fascia compresa tra 4 e massimo 5 volte, e il 75% per importi oltre 5 volte il trattamento.
Infine, oggi il calcolo è davvero progressivo, in quanto la parte che eccede il trattamento e rientra nell’apposita fascia, viene adeguata per quel che è (quindi anche chi supera di 4 volte il trattamento potrebbe ricevere su una parte il 100%).
Periodo “a credito”
Il meccanismo di adeguamento funziona in un modo specifico. Ogni inizio di nuovo anno (gennaio), l’ISTAT rilascia un dato di inflazione provvisorio, e dunque l’INPS calcola l’importo da riconoscere sulla base di un dato “da definire”.
Da quest’anno invece il dato di inflazione effettivo si conosce già, e rispetto allo 0,8% supposto a gennaio, la percentuale reale ammonta all’1%, e dunque l’ente dovrà riconoscere ai pensionati un credito dello 0,2%.
Si suppone che gli arretrati possano arrivare tra dicembre di quest’anno e gennaio prossimo (2026).