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Home » Lavoro » Pensioni » PENSIONI 2025/ I numeri in crescita e le “criticità” della previdenza complementare

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PENSIONI 2025/ I numeri in crescita e le “criticità” della previdenza complementare

Giuliano Cazzola
Pubblicato 24 Giugno 2025
Image by moerschy from Pixabay

Image by moerschy from Pixabay

Ieri è stata presentata la Relazione annuale della Covip, con dati interessanti sulla previdenza complementare

“Prosegue il consolidamento del sistema”. È questa la valutazione centrale contenuta nelle considerazioni svolte da Mario Pepe neo presidente della Covip alla presentazione del Rapporto sull’attività svolta nel 2024.

Secondo il presidente, tale consolidamento si basa sui seguenti dati: alla fine del 2024 operano nel sistema 291 forme pensionistiche complementari, di cui 33 fondi negoziali, 38 fondi aperti, 69 piani individuali pensionistici (PIP) e 151 fondi preesistenti; dal 1999 il numero delle forme si è più che dimezzato, in particolare quello dei fondi preesistenti; il conseguente aumento della dimensione media degli operatori innesca economie di scala, con potenziali margini di riduzione dei costi a vantaggio degli iscritti.


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Alla fine del 2024 gli iscritti alle forme complementari sono quasi 10 milioni, il 4 per cento in più rispetto al 2023. Tra le diverse forme pensionistiche, crescono più della media i fondi negoziali e i fondi aperti, rispettivamente il 5,5 e il 7 per cento; meno dinamica, pari al 2,5 per cento, la crescita per i PIP.


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Sostenuti dal buon andamento delle adesioni, in rapporto alle forze di lavoro gli iscritti sono il 38,3 per cento; cinque anni prima erano il 31,8 per cento.

Riguardo al genere, la composizione degli iscritti resta sbilanciata a sfavore delle donne, che formano il 38,4 per cento del totale. Rispetto alle forze di lavoro la partecipazione delle donne è di circa 7 punti percentuali inferiore a quella degli uomini.

La partecipazione rispetto alle forze di lavoro cresce all’aumentare dell’età. L’età media, 47 anni, non mostra differenze sostanziali tra i generi Tuttavia, è nella fascia più giovane, tra i 15 e i 34 anni, che il tasso di partecipazione cresce di più, attestandosi alla fine del 2024 al 29,9 per cento, 8,4 punti percentuali in più rispetto a cinque anni prima.


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Ancorché limitato, questo è un segnale incoraggiante che deriva in generale da un incremento dell’occupazione giovanile riscontrata in quell’anno. Il dato dell’età media è un po’ lo specchio della composizione del mercato del lavoro, ma testimonia nello stesso tempo la permanente difficoltà nel cogliere le esigenze complessive di tutela previdenziale delle generazioni più giovani.

La maggior parte degli iscritti, 57,2 per cento, risiede nelle regioni settentrionali dove il tasso di partecipazione supera la media nazionale. Valori più bassi e decisamente inferiori alla media si registrano, invece, in gran parte delle regioni meridionali. Nelle regioni del Nord, le più ricche del Paese, le contribuzioni medie sono più elevate con punte che raggiungono i 3.600 euro, valore che si dimezza in molte aree del Mezzogiorno.

Le risorse complessivamente accumulate presso le forme complementari ammontano a 243,4 miliardi di euro. L’incremento rispetto all’anno precedente, pari all’8,5 per cento, deriva per circa due terzi dal risultato degli investimenti e per un terzo dal saldo tra contributi e prestazioni.

Le risorse accumulate sono pari all’11,1 per cento del Pil e al 4 per cento delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

Nel 2024 sono stati incassati contributi per 20,5 miliardi di euro, il 7 per cento in più rispetto all’anno precedente. Tra le diverse forme: 7,1 miliardi sono stati raccolti dai fondi negoziali; 3,3 miliardi dai fondi aperti e 5,3 miliardi dai PIP; ai fondi preesistenti sono affluiti 4,6 miliardi di euro.

Sappiamo che il Tfr è la principale fonte di finanziamento della previdenza complementare, ma che è ancora interiore alle altre destinazioni possibili la quota che viene versata nel settore. Sul totale dei contributi raccolti, infatti, il flusso di Trattamento di fine rapporto versato alle forme pensionistiche si è attestato a 8,6 miliardi di euro, circa un quarto del Tfr complessivo generato nel sistema produttivo.

Cominciano poi le dolenti note. Gli iscritti per i quali nel 2024 hanno avuto luogo versamenti di contributi sono stati 7 milioni, il 72,3 per cento del totale. Il contributo medio pro capite è di 2.890 euro; per gli uomini è di circa un quinto superiore a quello delle donne.

Gli iscritti non versanti, o per i quali comunque non sono stati effettuati versamenti, pari a circa 2,7 milioni, sono più presenti nelle forme pensionistiche di mercato e tra i lavoratori autonomi.

Per le caratteristiche della previdenza a capitalizzazione questi lavoratori rimangono iscritti perché, quando verrà il momento, incasseranno la pensione su quanto hanno versato. Si tratta comunque di un fenomeno di dispersione associativa preoccupante che in parte può dipendere da problemi organizzativi legati alla mobilità sul mercato del lavoro.

Un altro dato interessante che conferma una tendenza ormai consolidata riguarda la tipologia della prestazione erogata. Anziché la rendita, che si aggiunge al trattamento del sistema obbligatorio, è di gran lunga preferita la liquidazione sotto forma di capitale. Nel 2024 sono state erogate prestazioni in conto capitale per 5,2 miliardi di euro e in rendita per 361 milioni. Sono stati corrisposti anche 2,4 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (Rita), per lo più concentrate nei fondi preesistenti. I riscatti ammontano a 2,1 miliardi di euro; le richieste di anticipazioni a 2,7 miliardi di euro. Anche queste sono risorse sottratte al montante contributivo.

Alla Covip è attribuito il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti che viene esercitato anche mediante ispezione presso gli stessi, richiedendo la produzione degli atti e dei documenti che ritenga necessari.

A differenza della previdenza complementare che ha carattere volontario ed è volta a garantire ai lavoratori una pensione integrativa rispetto a quella di base, i regimi previdenziali gestiti dalle casse di previdenza hanno carattere obbligatorio e, nella maggior parte dei casi, sostitutivo dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago).

I dati e le informazioni acquisite nell’ambito della propria attività consentono, pertanto, alla Covip di disporre di un importante patrimonio informativo e al Presidente di tenere informato il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo.

Alla fine del 2024, le attività complessivamente detenute dalle casse di previdenza ammontano, a valori di mercato, a 124,7 miliardi di euro, contro i 114 miliardi di euro dell’anno precedente. Alla crescita hanno contribuito, oltre che il saldo tra contributi incassati e prestazioni erogate, l’andamento positivo dei mercati finanziari e, in particolar specie, di quelli azionari.

Concludendo, le considerazioni si rivolgono alla prospettive del settore della previdenza privata. Sull’evoluzione attesa nel sistema di base, pur messo in sicurezza nel lungo periodo dalle riforme realizzate a partire dagli anni ’90, pesa il progressivo invecchiamento della popolazione. Ne sono determinanti la drammatica riduzione del tasso di natalità, in Italia tra i più bassi nel confronto internazionale, e l’aumento medio della speranza di vita, tra le più alte a livello internazionale. Pesa però anche un mercato del lavoro al quale si accede stabilmente in età oramai non giovanissima e che non raramente si attraversa, specie nella prima fase, con esperienze discontinue e non sempre adeguatamente remunerate, che hanno conseguenze sulla consistenza delle prestazioni attese.

Nel complesso, la partecipazione alla previdenza complementare risulta ancora caratterizzata da un netto dualismo. Continuano a prevalere le adesioni di lavoratori “forti”, occupati nelle regioni settentrionali o centrali, di genere maschile e di età matura. Resta difficoltoso l’ingresso delle fasce più deboli di lavoratori, più giovani, di genere femminile e residenti nelle aree meridionali.

È allora ragionevole chiedersi se e in che modo un modello di previdenza complementare, pensato e costruito inizialmente per una popolazione attiva crescente e continuativamente occupata, possa essere migliorato per intercettare validamente le persone economicamente più fragili, oltre che, in termini più ampi, una realtà sociale che cambia nel suo assetto, nelle sue scelte, nelle sue priorità.

In tale contesto, vengono consegnate alcune proposte al Governo e al Parlamento, anche per promuovere le opportune iniziative di carattere normativo.

Per il rilancio della previdenza complementare, è in primo luogo importante la previsione di un’ampia ed efficace campagna di informazione, che accresca l’interesse al tema e con ciò la curiosità e la conoscenza.

Vanno visti positivamente anche meccanismi che rendano più automatica la partecipazione, come il silenzio-assenso (attualmente operante solo in caso di prima assunzione) o l’iscrizione automatica con possibilità di ripensamento.

Nei meccanismi di adesione automatica rilevano le modalità attraverso le quali si guida l’aderente verso soluzioni di partecipazione quanto più possibile adeguate rispetto alle sue esigenze e caratteristiche. Si tratta di un’architettura nella quale è centrale l’individuazione della scelta di “default”, cioè della destinazione verso la quale sono indirizzati i soggetti silenti.

La scelta operata dal legislatore nel 2005, che individuava come default per il conferimento del Tfr dei lavoratori silenti la linea garantita – ossia assistita da una garanzia comparabile al tasso di rivalutazione del Tfr – va valutata in relazione agli effetti prodotti. I risultati di gestione osservati negli ultimi dieci anni mostrano come i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario superino, anche in maniera significativa, quelli delle linee garantite sul medesimo orizzonte temporale. La situazione si conferma allungando il periodo di osservazione.

La linea garantita è caratterizzata da una componente azionaria quasi nulla. La presenza di una componente azionaria importante nel portafoglio previdenziale è invece più adeguata alle aspettative di rischio-rendimento di un investimento di medio-lungo periodo.

La collocazione in una linea garantita dei flussi contributivi dei lavoratori silenti, specie di età più giovane, determina, pertanto, una perdita di opportunità in termini di redditività, ipotecando anche pesantemente il risultato a scadenza. L’individuazione a livello normativo di una linea di default può peraltro ritenersi un elemento che implicitamente indirizza le scelte di partecipazione anche dei soggetti non silenti.

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