Il Governo ha sempre meno tempo per decidere il futuro delle pensioni 2026 e degli anni a seguire. Si pensa a cancellare delle misure.
Sulle pensioni previste per l’anno 2026, i dubbi e le perplessità sono ancora molteplici. Negli anni sono state introdotte svariate misure di pensionamento anticipato, tutte “provvisorie” e mai strutturali, ad eccezione della Fornero, la cui Riforma è stata oggetto di un’ipotetica cancellazione.
Se è pur vero – come ammesso dalla stessa Elsa Fornero – che la sua riforma è stata studiata “di fretta”, al momento è l’unica approvata a “tempo indeterminato”. Con il trascorrere del tempo non sono mancate le misure correttive per gli esodati, ed anche in questo caso con una scadenza specifica.
Che accadrà alle pensioni del 2026?
Le prime modifiche sulle pensioni del 2026 riguardano la potenziale abolizione di Quota 103 ed Opzione Donna, due misure che, stando ai dati, non avrebbero funzionato a causa delle loro restrizioni sempre più forti e un accesso alla platea di beneficiari molto più limitato.
Entro la fine di quest’anno, il Governo Meloni dovrà decidere se bloccare l’aumento basato sull’aspettativa di vita (si presuppone che nel 2027 salga di 3 mesi), oppure lasciare che la Riforma faccia il suo corso. La stessa sorte spetterà alle attuali misure di pensionamento anticipato (che potrebbero essere prorogate, cancellate o confermate).
Il problema maggiore, ai danni del sistema previdenziale, è di natura economica. Le risorse finanziarie sono limitate, e la loro entità non permetterebbe ampio margine di manovra (ad esempio, introducendo una misura per uscire anticipatamente dal lavoro).
Le ipotesi più realistiche
Realisticamente parlando, il Governo non avrebbe sufficiente capienza economica per individuare nuove misure, dato che un’uscita anticipata comporterebbe un onere decisamente rilevante. Eppure, c’è un altro problema di cui si parla poco, ovvero della cancellazione di Quota 103.
La stessa problematica si verificherebbe con la Quota 41 per tutti, tanto spinta e voluta da Lega Nord, anche se ultimamente si parla di una “alternativa flessibile” che possa contenere le uscite per la sua attuazione.
Tornando sulla Quota 103 – seppur limitante – oggi è l’unica che consente di uscire 2 anni prima dell’età ordinaria, e a patto di soddisfare il requisito contributivo.
A risentirne saranno i soggetti che non lavorano e che avrebbero potuto sfruttare questa soluzione per la quiescenza anticipata (visto che probabilmente matureranno i contributi tardivamente).