Ultimamente si sta parlando – erroneamente – che la nuova riforma pensioni abbia una nuova Quota 89. In verità non esiste e non è stata introdotta alcuna misura nell’ultima Legge di Bilancio, che in verità ha apportato soltanto delle modifiche.
Quota 89 è stata ribattezzata con questo termine per via della variazione che è stata apportata alla riforma pensioni della Fornero, applicando il regime contributivo a quei lavoratori che hanno cominciato la loro carriera dopo il 1° gennaio del ’96. Ma perché proprio il numero “89” ?
Pensioni con Quota 89, perché definirla così?
Prendere le pensioni con Quota 89 (il nome non è quello ufficiale), significa sommare l’età anagrafica richiesta dalla Legge per andare prima in stato di quiescenza e sommare gli anni contributivi versati durante la propria carriera.
Dunque il gergo tecnico corretto della Quota 89 è in realtà “pensioni anticipate contributive“. Anche se ci sono diverse soluzioni per uscire prima dal lavoro, la modifica alla riforma pensioni della Fornero è diventata più restrittiva, e negli anni saranno sempre meno coloro che potranno utilizzarla.
Il motivo è legato perlopiù ai contributi, che devono essere almeno 25 (e a causa della discontinuità lavorativa odierna è sempre più complesso versare tanti contributi), e quanto all’età anagrafica è sufficiente averne compiuti 64 (la somma infatti fa 89).
Tuttavia resta ancora un parametro molto importante che è considerato anche un paletto significativo, ovvero godere di un cedolino che abbia un importo pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, nonché uguale a 1.616€.
La somma si abbassa se i beneficiari sono le donne che lavorano e che hanno figli. Per un solo figlio l’importo si riduce a 1.508,33€, e nel caso di due figli a 1.400,59€.
Vicini all’addio
Da quest’anno è stata integrata una novità importante, per agevolare i lavoratori contributivi gli è data possibilità di poter far cumulare anche i fondi dalle pensione complementari, aumentando l’opportunità di lasciare il lavoro con anticipo.
All’interno della Legge di Bilancio di quest’anno sembra però che la fatidica Quota 89 verrà cancellata per far spazio alla Quota 94, visto che ben presto ci vorranno trenta anni di contributi e non più 25 e né tanto meno i famosi 20 del 2024.
All’aumentare degli anni contributivi aumenta anche il valore minimo dell’assegno sociale richiesto, che potrebbe esser richiesto per almeno 3,2 volte in più, complicando oggettivamente gli accessi.