Sulle pensioni e la rivalutazione applicabile 2025 alla fine la Corte costituzionale ha dato ragione al Governo, impedendo l’adeguamento automatico che avrebbe comportato un ingente uscita per le casse dell’Erario, influenzando negativamente sull’intero budget.
Dunque la Corte ha deciso che gli arretrati precedenti non saranno permessi. Secondo la Costituzione il Governo non avrebbe violato alcun principio normativo e né tanto meno sarebbe illecito. Senza tagli risalenti agli anni scorsi l’Erario avrebbe avuto un esborso di 37 miliardi di euro, comportando a delle conseguenze inevitabili.
Pensioni rivalutazione 2025: per la Corte il comportamento dei legislatore è coerente
Sulle pensioni di rivalutazione del 2025 non ci saranno arretrati. La decisione della Corte costituzionale è stata ragionata nell’ottica di un principio stabile, onesto e chiaro del legislatore, che limitando per un periodo ragionevole l’adeguamento dei cedolini all’inflazione, ha evitato al tempo stesso delle possibili ripercussioni economiche su tutti gli altri trattamenti.
Bloccando l’adeguamento degli anni scorsi il legislatore ha adottato un atteggiamento di prevenzione nei confronti delle classi sociali meno abbienti, le quali avrebbero potuto risentirne in termini economici a causa di una inflazione incontrollata e oggetto di gravi squilibri.
Gli anni coinvolti nel blocco sono il 2023 e il 2024, quando l’adeguamento è stato permesso soltanto ai cedolini con un importo più basso, nonché i trattamenti pensionistici entro un massimo di 4 volte la soglia minima.
Per quegli anni il Governo ha stabilito un recupero di inflazione differente in base al trattamento minimo raggiunto. Il più basso ha registrato una percentuale del 32%, che ha riguardato le pensioni oltre dieci volte il minimo sociale, consentendo all’Erario di risparmiare 37 miliardi di euro.
Un salvataggio aggiuntivo
Anche se la Corte costituzionale ha già deciso le sorti degli arretrati del 2023 e del 2024, c’è una vaga possibilità di poter introdurre dei nuovi meccanismi agevolativi affinché si possano salvaguardare i cedolini pensionistici più contenuti. Il maggior interesse ricade sul 54% degli assegni che non superano di 4 volte il minimo sociale.
La perequazione automatica è prevista – sottolinea la Corte – e applicabile a tutti i trattamenti di cui è titolare il pensionato, indipendentemente che gli stessi siano pagati dall’ente previdenziale o da terzi.