“Perdere peso non è solo una questione di volontà”. A dirlo, in una intervista a Frankfurter Allgeimene Zeitung, è Lars Fruergaard Jørgensen, amministratore delegato di Novo Nordisk, l’azienda farmaceutica che ha lanciato Wegovy, un farmaco per obesi. Il primo Paese in cui è stato distribuito nel giugno 2021 sono stati gli Stati Uniti (dove un terzo della popolazione, ovvero più di 100 milioni di persone, è in sovrappeso), successivamente si sono aggiunte Norvegia e Danimarca. Il lancio in Germania è previsto invece alla fine di luglio.
“Wegovy è approvato per gli adulti con un indice di massa corporea superiore a 30, che corrisponde alla consueta definizione di obesità, e per le persone con un indice di massa corporea pari o superiore a 27 se hanno anche patologie concomitanti, come il diabete di tipo 2 o malattie cardiovascolari. Il prezzo da listino è di 1.300 dollari per una dose mensile, ma diamo sconti ai nostri clienti negli Usa. In questo caso, nessun sistema sanitario al mondo sosterrà i costi per tutti i pazienti idonei, perché sono troppi”, ha spiegato l’esponente dell’azienda.
“Perdere peso non è solo questione di volontà”. L’aiuto di Wegovy
Il farmaco per obesi Wegovy, dunque, aiuta a perdere peso, ma non fa certamente miracoli. È per questo motivo che, nel momento in cui si interrompe la somministrazione, è probabile che il paziente tornerà a ingrassare. “Il medicinale provoca un dimagrimento dal 15% al 17%, ma il medico che lo prescrive deve abbinarlo a una dieta e a dell’esercizio fisico adeguato. La cura funziona bene in quanto frena l’appetito e dà la sensazione di sazietà dopo i pasti. L’obesità è una malattia cronaca, ma è possibile che la terapia porti a uno stile di vita complessivamente più sano. Non abbiamo ancora prove di questo”, ha rivelato Lars Fruergaard Jørgensen.
L’obiettivo, in ogni caso, è quello di dare una speranza in più alle persone obese. “Per molti non è semplice dimagrire. Molti pazienti ci raccontano che il trattamento con Wegovy ha restituito loro la forza di volontà, perché la loro vita non era più dominata dal pensiero della prossima assunzione di cibo”, ha concluso.