La morte a Pescara di Riccardo Zappone non sarebbe dovuta all'uso del taser: secondo il medico legale ha avuto un'emorragia interna dopo la rissa
Sembra delinearsi sempre più chiaramente – almeno, dal punto di vista medico e scientifico – quanto accaduto al 30enne Riccardo Zappone, morto lo scorso martedì a Pescara dopo aver preso parte a una rissa in un’autofficina locale, per la quale è stato richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine, costrette a usare il taser per immobilizzarlo e sottoporlo al fermo necessario per gli accertamenti del caso: inizialmente si ipotizzò che il decesso potesse essere collegato proprio all’uso del taser da parte dei poliziotti, ma l’autopsia depositata poche ore fa sembra smentire una volta per tutte questa versione; fermo restando che dovremo ancora attendere l’esito del test istologico e del tossicologico per definire nel dettaglio l’accaduto.
Partendo dal principio, è bene ricordare che la vicenda di Riccardo Zappone risale alla giornata di martedì 3 giugno 2025, quando l’uomo – secondo le ricostruzioni fatte fino a questo momento – avrebbe fatto scoppiare una breve rissa con i proprietari di un’autorimessa pescarese: intervenute le autorità, il 30enne avrebbe opposto resistenza e in quel momento è stato usato il taser per immobilizzarlo; mentre, una mezz’ora più tardi, mentre era in attesa dell’espletamento delle pratiche relative all’arresto, avrebbe avuto un malore dal quale ne è cagionato il decesso, con le manovre di rianimazione da parte del 118 che si sono rivelate, purtroppo, inutili.
Le indagini sulla morte a Pescara di Riccardo Zappone: la rissa nell’autofficina, il taser e il malore in questura
Ovviamente, il decesso dell’uomo di Pescara ha creato un piccolo caso mediatico relativo all’uso del taser, e per vederci chiaro è stata disposta l’autopsia sul corpo del 30enne: secondo il medico legale, la morte è stata causata da un’emorragia interna legata a un “trauma toracico chiuso”, precisando chiaramente che il taser “non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte” ed ipotizzando che il trauma potrebbe essere legato alle botte subite durante la rissa.
Al di là della morte di Riccardo Zappone, le autorità di Pescara stanno anche cercando di ricostruire la dinamica effettiva della colluttazione: l’ipotesi attuale è che il 30enne sarebbe stato colpito numerose volte, alcune delle quali anche ipoteticamente con un bastone, e risultano essere indagate tre persone, tutti gestori dell’autorimessa a conduzione familiare; mentre resta fermo il fatto che l’uomo fosse già noto alle Forze dell’Ordine per alcuni piccoli reati commessi nell’area e risulta anche fosse in cura al Centro di salute mentale, in quanto soggetto psicotico.
Dal conto del gestore dell’autorimessa – appunto, tra gli indagati – Riccardo Zappone si sarebbe presentato nell’officina “fuori di sé, agitato (…), sporco di sangue sotto le narici” e probabilmente sotto l’effetto di qualche droga, minacciando di ammazzare tutti i presenti: tra loro, secondo l’indagato, non ci sarebbe stata nessuna vera e propria colluttazione, ma solo un paio di spinte, dopo le quali il 30enne avrebbe battuto violentemente la testa a terra, negando anche che sia stato preso a bastonate; mentre il padre della vittima chiede chiarezza sull’intervento delle autorità, sostenendo che avrebbero dovuto – in quanto soggetto noto per le sue psicosi – chiedere un TSO, invece che immobilizzarlo violentemente.