A luglio, Assica, l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, era scesa in campo con un appello che lasciava poco spazio alle interpretazioni: davanti all’espandersi del contagio della PSA (Peste Suina Africana) fin dentro i confini della Lombardia e dunque davanti alla possibilità di un coinvolgimento degli allevamenti che qui si concentrano, l’Associazione aveva chiesto al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti la disponibilità di almeno 50 milioni di euro per mettere in campo quelle azioni necessarie a prevenire il peggio. Ed evitare poi di dover stanziare indennizzi per somme molto più consistenti.
L’appello, purtroppo, è stato profetico. Qualche giorno fa, infatti, è stato rilevato un primo contagio in un allevamento commerciale in provincia di Pavia, cui nelle ultime ora se ne sono aggiunti altri 6. Una vera e propria emergenza. Vero infatti è che la Psa non colpisce l’uomo nemmeno se ingerisce carne infetta, come assicura l’Ats Pavia, ma vero è anche che questa infezione ha una mortalità elevatissima in maiali e cinghiali. E dunque, se dilagasse, rischierebbe di mettere in ginocchio un settore, quello legato all’allevamento suino, che rappresenta un fiore all’occhiello del Made in Italy.
Da qui, dunque, la necessità di correre ai ripari. “È stata finalmente accolta la nostra proposta di far scendere in campo l’esercito per fermare l’invasione dei 2,3 milioni di cinghiali presenti in Italia che causano incidenti, provocano danni alle coltivazioni e diffondono malattie” afferma il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ha anche chiesto ristori adeguati per i danni provocati da questi animali durante il recente vertice con il Governo al quale hanno partecipato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e il ministro della Difesa Guido Crosetto e il Commissario straordinario per l’emergenza Psa, Vincenzo Caputo.
“Occorrono – afferma Prandini – interventi mirati e su larga scala per ridurre la minaccia dei cinghiali a livello nazionale”. Un’azione necessaria per “rallentare la diffusione della peste suina in quelle aree dove maggiore è la presenza di filiere agroindustriali legate agli allevamenti di maiali che garantiscono reddito, occupazione e indotto all’Italia” conclude il Presidente di Coldiretti.
La posizione dell’associazione trova peraltro rispondenza nel sentiment generale della popolazione sul tema. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, infatti, oltre sei italiani su 10 (62%) hanno un reale timore della massiccia presenza di cinghiali sul territorio nazionale e quasi la metà (48%) non prenderebbe addirittura casa in una zona infestata da questi animali. Quasi sette italiani su dieci (69%) poi ritengono che i cinghiali siano troppo numerosi, mentre il 58% li considera perfino una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale, fattori indicati dal 75% degli intervistati.
Intanto, in seguito alla notifica da parte italiana dei nuovi focolai di febbre suina africana in Lombardia, la Commissione europea ha deciso di adottare misure provvisorie di emergenza: “L’Italia ha istituito una zona di restrizione – spiega un portavoce della Commissione – in cui vengono applicate le misure generali di controllo della malattia previste dalla legislazione dell’Ue”.
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