Il piano ReArm Eu non convince gli italiani e suscita perplessità anche tra i cittadini del resto d’Europa, ma potrebbe riaccendere il motore del Vecchio Continente. Per gli esperti, il piano per la difesa comune voluto fortemente da Ursula Von der Leyen potrebbe essere infatti proprio ciò di cui l’economia europea ha bisogno, anche se permangono ostacoli non indifferenti. A spiegare il motivo è il Wall Street Journal, che ha analizzato l’impatto che potrebbe avere il potenziamento militare europeo.
Ci sono, ad esempio, paesi come Germania e Danimarca, oltre al Regno Unito che non fa più parte però dell’Ue, che hanno annunciato aumenti importanti della spesa militare. In questo modo il settore manifatturiero, attualmente sotto pressione, potrebbe trovare nuovi sbocchi, così come potrebbero sbloccarsi le esportazioni.
Non mancano gli ostacoli, come la carenza di competenze e la diseguaglianza con cui potrebbero distribuirsi i ricavi, d’altra parte potrebbero esserci sacrifici in altri settori. Quelli che, invece, possono trarre vantaggio dal piano ReArm, oltre ovviamente all’industria militare, sono i settori che si occupano di intelligenza artificiale, informatica quantistica, reti satellitari, veicoli autonomi e robotica.
IL POSSIBILE IMPATTO DEL PIANO REARM EU
Una maggiore spesa militare ha un impatto sull’economia a livelli diversi e con tempi differenti. A tal proposito, il Wall Street Journal segnala che nel breve termine con il piano ReArm possono crescere l’occupazione e gli investimenti delle aziende, d’altro canto il rischio è di distogliere il denaro pubblico da utilizzi più produttivi, far salire i costi dei prestiti e far desistere gli investimenti privati.
Per quanto riguarda, invece, il lungo termine, l’efficienza economica in generale può migliorare con un incremento delle spese militari. Per gli economisti, i contratti governativi possono stimolare le innovazioni nelle industrie civili. Il piano europeo per il riarmo potrebbe salvare l’economia, con l’aumento della produzione, ma quella di munizioni e testate non produce gli stessi benefici economici degli investimenti in infrastrutture e macchinari, visto che le armi vengono immagazzinate o distrutte.
LA “SPINTA” DELLA SPESA MILITARE CON REARM EU
Ma il Wsj cita anche la storia: la guerra civile americana ha stimolato lo sviluppo industriale del Nord America, in Europa invece la guerra franco-prussiana del 1870 potrebbe aver favorito la crescente base industriale della Germania che si era unificata.
A livello di occupazione, la spesa militare può liberare posti di lavoro, ma trovarne qualificati è una sfida per un’Europa che sta invecchiando. C’è un altro problema: bisogna dotarsi autonomamente degli equipaggiamenti, anziché acquistarli all’estero, ma non è ciò che sta accadendo.
Le importazioni di armi sono cresciute, in particolare dagli Usa. Comunque, secondo le previsioni del Wsj, il Paese europeo che potrebbe beneficiare maggiormente dell’aumento della spesa militare è la Germania, perché ha già una base industriale ampia, anche se attualmente è sottoutilizzata, e un debito pubblico basso.
E SE IL PIANO REARM PORTASSE AL COLLASSO ECONOMICO?
Per l’ex economista senior della Commissione europea Hasan Alkas, invece, il piano ReArm Eu potrebbe portare al collasso economico. Ai microfoni di Anadolu ha spiegato che nelle circostanze attuali l’Europa non è in grado né di salvare la propria economia né di sostenere l’Ucraina. A sollevare preoccupazioni su come l’Ue finanzierà un tale sforzo di riarmo su larga scala anche il fatto che il piano non includa un chiaro meccanismo finanziario.
“Soprattutto la Germania – la forza trainante dell’UE – sta arrancando da tempo, viene trattata come ‘il malato d’Europa’ e attualmente è in terapia intensiva“. Inoltre, per Alkas le politiche energetiche hanno portato l’economia europea sull’orlo del collasso, l’industria “sta affondando” e l’economia è “in bancarotta“, con i dazi Usa che potrebbero esacerbare la situazione. “Questo prestito è l’ultimo colpo fatale a un’economia già fallita. La partnership sul debito mette sempre persone e Paesi l’uno contro l’altro e non funziona mai nel lungo periodo“, la tesi di Alkas.