Ue, primo accordo sul Piano SAFE (fondo da 150 miliardi per la difesa): sì al coinvolgimento del Regno Unito, i prossimi passi e il caso Turchia
PIANO SAFE, ACCORDO SU PRESTITI DA 150 MILIARDI DI EURO
La versione definitiva del piano di prestiti da 150 miliardi di euro per potenziare gli appalti congiunti per la difesa europea è stata concordata dai Paesi dell’Unione europea. A rivelarlo è Euractiv, che ha visionato alcuni stralci del testo, dai quali si evince che gli Stati membri hanno sostanzialmente aderito alla proposta originaria della Commissione Ue. Il piano prevede l’istituzione di un programma di prestiti, destinati anche a Ucraina e Norvegia, per l’acquisto congiunto di armamenti. In particolare, almeno il 65% del valore dei prodotti acquistati dovrà essere realizzato nell’Ue, in Ucraina o in Norvegia.
L’accordo è stato raggiunto dagli ambasciatori lunedì mattina, in tempo per l’incontro dei ministri della Difesa e degli Esteri dei Paesi membri, previsto per martedì. Tuttavia, formalmente non è ancora stato finalizzato, poiché gli Stati hanno tempo fino a mercoledì per opporsi al testo e riaprire la procedura negoziale. Due diplomatici europei citati da Euractiv hanno però riferito che è improbabile che ciò accada.
Rispetto alla proposta iniziale, nelle ultime ore di negoziato i delegati a Bruxelles hanno introdotto criteri volti a garantire che alcune industrie straniere possano accedere agli accordi finanziati tramite i prestiti, ma solo a condizioni specifiche, anche nel caso in cui il loro Paese d’origine non abbia accordi con l’Europa. Pertanto, nessuna azienda extraeuropea, norvegese o ucraina coinvolta negli appalti congiunti potrà produrre oltre il 35% del valore.
Tuttavia, il testo finale – visionato da Euractiv – consente ai subappaltatori che contribuiscano con meno del 15% del valore complessivo di aderire all’accordo, e prevede che quelli esterni possano partecipare tra il 15% e il 35% a determinate condizioni. L’obiettivo è ridurre la dipendenza da fornitori esterni, un punto critico che aveva bloccato i negoziati nelle scorse settimane.
I CASI UK E TURCHIA
Non si esclude che, alla fine, sia stata lasciata una porta aperta al Regno Unito e alla Turchia, dal momento che alcuni Paesi terzi potranno partecipare agli acquisti congiunti se in possesso di un partenariato in materia di difesa e sicurezza con l’Ue. Il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha avviato una nuova collaborazione con Bruxelles in questi ambiti, compiendo un primo passo legale verso l’adesione al programma di appalti.
Per quanto riguarda la Turchia, la questione si è rivelata particolarmente delicata per Grecia e Cipro, a causa della lunga disputa con Ankara. Atene ha insistito per un coinvolgimento graduale, reversibile e accompagnato da concessioni politiche concrete.
IL NODO DEL PARLAMENTO UE
Non mancano, però, ostacoli alla piena realizzazione del piano SAFE. Secondo il testo concordato lunedì, la Commissione dispone di due mesi per valutare le richieste di pagamento e dovrà procedere celermente alla raccolta dei 150 miliardi di euro di prestiti sui mercati dei capitali e all’analisi delle richieste di finanziamento. Due funzionari hanno dichiarato al Financial Times che l’iniziativa è stata presentata in base ai poteri di emergenza previsti dai trattati Ue, per cui non è stata richiesta l’approvazione separata del Parlamento europeo. Il piano entrerà quindi in vigore prima della fine del mese, dopo l’approvazione formale.
Essendo un regolamento che diventa operativo subito dopo la pubblicazione, senza il voto del Parlamento, si prevede che l’iter possa concludersi entro dieci giorni. Tuttavia, il Parlamento europeo non intende essere escluso dal processo decisionale e ha annunciato l’intenzione di ricorrere legalmente contro il Consiglio europeo. Intanto, la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, ha proposto di sbloccare i finanziamenti, a condizione che l’assemblea possa intervenire nella definizione dei criteri di ammissibilità.
Questo piano rappresenta un cambiamento epocale per l’Europa: secondo i termini dell’accordo visionati anche dal Financial Times, esso permetterà di espandere il settore industriale della difesa europea, destinando la maggior parte delle risorse ad aziende del comparto con sede nell’Ue e incentivando i subappaltatori esterni a trasferire la propria produzione nel continente.