Piera Aiello, vedova del boss Nicola Atria e collaboratrice di giustizia, è intervenuta in qualità di ospite nel corso della trasmissione di Rai Due “I Fatti Vostri”, andata in onda nella mattinata di oggi, lunedì 21 marzo 2022. La donna ha raccontato il suo passato, partendo dall’aneddoto che le sconvolse la vita: “Avevo 17 anni quando venni a sapere che la famiglia del mio fidanzato, Nicola Atria, era mafiosa. Mi cascò il mondo addosso: decisi di interrompere subito il fidanzamento, ma neppure due ore dopo venne mio suocero, don Vito Atria, per dirmi che avrei potuto fare soffrire suo figlio e allontanarlo, ma comunque sarei diventata sua nuora, perché tutti abbiamo una famiglia a cui teniamo. Mi stava minacciando, in pratica”.
Quando suo suocero morì, Piera Aiello e Nicola Atria erano a Madrid: “Prendemmo l’aereo e arrivammo all’obitorio di Partanna, dove mio marito giurò vendetta, dicendo che avrebbe trovato l’assassino del padre. Tuttavia, il suo progetto di vendicare il padre fallì, perché lui non era un killer”. Trafficava, però, armi e droga e “io me ne sono accorta trovandole a casa. Buttavo tutto nella spazzatura e lui, per il danno economico subìto, mi picchiava selvaggiamente, anche quando ero incinta di otto mesi: mi prendeva a calci nella pancia”.
PIERA AIELLO: “BORSELLINO MI DISSE DI CHIAMARLO ‘ZIO PAOLO'”
Nel prosieguo della sua intervista a “I Fatti Vostri”, Piera Aiello ha asserito di essere stata testimone dell’omicidio di suo marito il 24 giugno 1991, dentro una pizzeria che la coppia gestiva. Questa è stata la sua ricostruzione dei fatti: “Due uomini, vestiti con una tuta mimetica, entrarono imbracciando una lupara e spararono. Fra l’altro, li riconobbi, perché erano persone che stavano sempre accanto a mio marito. Appena fecero il loro ingresso, Nicola mi diede uno spintone, dicendo loro di non toccarmi, ma io andai a finire in braccio a uno di loro: in quel momento mi rimase il calcio del fucile in mano e loro capirono che provavo a difendermi. Mi presero per il collo e mi misero la testa nel lavandino. Riuscii a proteggere un giovane lavapiatti di 14-15 anni e a evitare che lo uccidessero. Nel mentre, finivano mio marito”.
Piera Aiello, dopo avere precisato che la sua famiglia d’origine non era mafiosa (il padre era muratore e la madre sarta), ha infine spiegato che nella sua esistenza entrò Paolo Borsellino: “Lo incontrai dopo che un maresciallo dei carabinieri al quale mi ero rivolta mi chiese di andare a trovarlo. Mi portò in una piccola caserma, in cui c’era proprio lui, il giudice Borsellino. Lì per lì avevo paura, ero imbarazzata. Lui si presentò e mi disse di chiamarlo ‘zio Paolo’. Era una persona dolcissima e quando morì lo sapemmo dalla televisione. Fu un grande dolore”.