IL BOMBER E IL VINO
Per chi ancora non lo sapesse il leggendario attaccante di Milan, Cagliari, Udinese e Juventus Pietro Paolo Virdis – oltre ad essere stato l’antidivo per eccellenza negli anni dei fenomeni Maradona, Van Basten, Platini e Zico – ha aperto anni fa una piccola enoteca in zona Sempione a Milano. Da lì ogni giorno (esclusa la domenica, in memoria dei bei tempi in Serie A) segue i clienti, consiglia i vini più adatti per i piccoli e gustosi menu: insomma, un uomo d’altri tempi che ha saputo reinventarsi con stile e garbo, come del resto ha sempre avuto anche in campo con quel “prezzolato” colorito dei capelli che lo rendevano un’icona sui generis a fianco di gente come Gullit e Van Basten.
«Il vero bomber del ristorante è mia moglie Claudia», confessa Virdis nella lunga chiacchierata con Giorgio Terruzzi sul “Corriere della Sera”; «Senza di lei questo progetto non sarebbe nato. Ha svolto ogni pratica burocratica all’inizio e poi si occupa della cucina sin dal primo giorno. È grazie a lei che le persone escono sazie e contente dopo essere arrivate affamate. Io cerco di assisterla, di fare del mio meglio con i vini ma il nome del ristorante dovrebbe essere ‘Il gusto dei Virdis’, plurale. Come minimo». Un racconto a 360* per chi ha vissuto i fasti del grande calcio degli anni Ottanta e che rappresenta però uno dei personaggio meno banali del mondo sportivo, schivo e riservato ma estremamente efficace anche nell’uso della parola. «Ama e servi tutti» è il principio cardine della vita di questo sardo “trapiantato” nella Milano da bere: «Un principio. Complicato e bellissimo quando si riesce a metterlo in pratica. Rimanda al predicatore indiano Sai Baba. Negli anni Novanta mia moglie ed io leggemmo di lui, ci incuriosì. Decidemmo di andare in India per vedere se i racconti su quell’uomo capace di fare tanto e bene per gli altri corrispondevano a verità. Beh, era tutto vero. Cominciammo a seguire i suoi insegnamenti. E di comportarci di conseguenza. La frase che ha citato è una sintesi esauriente. Indica un modo di stare al mondo che corrisponde ad una aspirazione».
VIRDIS E IL MONDO DEL CALCIO: “SUL RIGORE….”
Si penserebbe che dunque oggi Pietro Paolo Virdis non voglia più saperne del calcio, dei vizi e delle follie dei “supermilionari”: e invece è ancora un grandissimo appassionato che non si ritrae (posso confermare in prima persona avendoci dialogato in passato da tifoso emozionato nella sua enoteca, ndr) a domande sulla sua carriera passata e sul calcio di oggi. «È sempre un piacere incontrare chi domanda di una partita, di un gol, di un giocatore. Finisce che si parla di momenti che furono gioiosi anche per me. Per fortuna sono molti ed è bello condividerli con gli altri», spiega ancora al “CorSera” il grande Pietro Paolo. A chi si affaccia al mondo del calcio oggi il consiglio del grande saggio è molto semplice: «Non ho mai detto o pensato: devo diventare un campione. Preferivo fare i conti con quello che avevo davanti, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Con un amore, questo sì, per il calcio, per ciò che cercavo di fare. All’età di 13 anni mi fecero giocare con quelli di 15, poi con quelli più grandi quando avevo compiuto i 16. E a 17 anni mi chiamarono in serie A. Tappe e crescita. Senza mai pensare: ecco sono arrivato dove desideravo». Ha segnato 23 rigori sui 24 tirati da professionista, infallibile insomma: il segreto lo imparò ad Udine con Paolino Pulici, «Lo tenevo d’occhio mentre calciava dal dischetto. Alzava la testa all’ultimo istante per non dare riferimenti al portiere. Un vero caposcuola. […] Il rigore, in fin dei conti, è un’occasione da sfruttare, applicando un talento». Ama Messi, Ronaldo, Cruijff e pure Usain Bolt: passione per lo sport e pure per il vino, «Credo che si potrebbe fare entrambe le cose. Giocare a pallone e, nel tempo libero, studiare. Energie da accumulare e da sfogare sul campo. Perché no?».