È allarme pirati nel mar Mediterraneo. Quattro pescatori di nazionalità tunisina sono stati fermati con l’accusa di pirateria marittima ai danni dei barconi di migranti. “Imbarcazioni che dovrebbero issare la bandiera nera” e che mettono in atto “blocchi navali” per depredare i migranti che tentano la traversata, le parole del procuratore della Repubblica di Agrigento, Salvatore Vella.
L’ordinanza di custodia cautelare ha portato in carcere il comandante del peschereccio Nader Chika e la sua ciurma di pescatori-pirati, formata da Adnan Knessi, Banour Hatem e Joini Jilian. L’episodio risale al 18 luglio, a 18 miglia di distanza dalle coste di Lampedusa: il peschereccio e un motopesca hanno avvicinato tre barchini partiti da Sfax per derubarli dei motori fuori bordo. “Ha bloccato la nostra fuga”, la testimonianza di un migrante: “Si mettevano uno a prua ed uno alla nostra poppa. Ci mostravano una spada e per paura abbiamo deciso di consegnare il motore”.
Allarme pirati nel Mediterraneo
Poi, non contenti, i pescatori-pirati hanno chiesto soldi e cellulari ai migranti in cambio di aiuto per raggiungere l’isola delle Pelagie, riporta Il Tempo. Le carte dei magistrati parlano chiaro: comportamenti “predatori” espressione “di personalità sprezzante e incline al delitto”. Nessuna azione improvvisata ma vera e propria professionalità. Si tratta della prima volta che i magistrati italiani contestano il reato di pirateria in acque internazionali nel Mediterraneo di competenza tricolore. Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “L’arresto di un comandante di un motopesca tunisino e i tre componenti dell’equipaggio accusati di pirateria ai danni di alcuni gruppi di migranti in difficoltà è la conferma di quanto sia fondamentale contrastare l’immigrazione irregolare anche a tutela degli stessi migranti che finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che ne mettono gravemente a rischio la vita”.