Ci sono tante famiglie, soprattutto con figli, che non possono permettersi le vacanze. Un problema che pesa sui bambini
Il periodo estivo ci fa tornare consapevolmente sul fatto che – a parte l’allarme degli albergatori – meno famiglie si concedono un periodo di vacanze. Ma è l’aspetto che più colpisce è che sono sempre i bambini che pagano il prezzo più alto, perché dai dati di Openpolis si evidenzia che già il 29% delle famiglie con un figlio non si può permettere una vacanza per difficoltà economiche e i più colpiti sono i nuclei che vivono nel Mezzogiorno.
Aumentano i figli e aumentano i problemi e una settimana di vacanza è un miraggio per il 45,7% delle famiglie con tre figli e pare che queste percentuali siano anche sottostimate.
Per i bambini lo svago è un diritto proclamato dalla convenzione Onu per i diritti per l’infanzia e adolescenza: l’art. 31 stabilisce il diritto al riposo, al gioco, al tempo libero e ad attività culturali. Ogni anno in Italia vi sono bambini che devono rinunciare anche ad attività nel tempo libero e per molti significa rinunciare a esperienze anche formative, un divario che economicamente e socialmente si trascina poi anche nelle opportunità educative.
Per molte persone l’arrivo di agosto è il vero periodo di vacanza, per gli adulti dal lavoro per i piccoli dalla scuola, e comunque in una situazione di svago, di riposo, di opportunità di conoscere amici. E per molti bambini significa invece povertà ed esclusione sociale minorile.
Noi in Italia siamo al 30% di questo dramma ben al di sopra della media europea che è il 23,8% e l’Italia va peggio anche di Polonia e Ungheria, facendoci superare da Irlanda, Croazia e Portogallo, che negli ultimi anni hanno avuto un calo drastico negli indicatori della povertà minorile.
Le tragedie sociali dovute alle guerre e alle crisi energetiche si scaricano soprattutto su bambini e adolescenti e i piccoli che non vanno mai in vacanza non fanno sport, molto raramente hanno contatti con amici e parenti e vi è un numero sempre più alto di giovani che si attaccano al cellulare, non vanno più a scuola e sono depressi in preda ad ansia.
Poi viviamo in una società del paradosso e la Svizzera è la capofila di hotel, campeggi, crociere dove molti adulti sono disposti a pagare un supplemento per non avere bambini attorno a sé durante le vacanze. È un altro passo verso l’estinzione in un Paese dove anche lì il tasso di natalità è piuttosto basso. Dunque, ristoranti e hotel solo per adulti. A me sembra una pazzia totale, posto che probabilmente bambini esuberanti hanno genitori maleducati che a loro volta non rispettano la libertà altrui.
Dobbiamo sempre imparare qualcosa di buono dall’Inghilterra e dal Galles, dove quando finiscono le attività scolastiche le scuole si trasformano in grandi industrie di attività estive, pasti in mensa e tanto altro. Tra l’altro lì le vacanze durano sei settimane, meno di quelle canoniche dell’Italia che arrivano a 10. E mentre per le famiglie culturalmente progredite e benestanti le vacanze sono occasione di viaggi, per quelle meno abbienti sono costi di babysitter e stress per come accudire i figli e la lunga estate accentua i divari.
L’Italia è ferma nella storia, pensa ancora di essere nell’era pre-industriale quando come Paese agricolo l’estate significava partecipare al lavoro familiare nei campi e per gli insegnanti erano due mesi di vacanza. Anche per noi è tempo di ripensare non solo a ripristinare il voto in condotta e i giudizi sull’andamento scolastico dei giovani comprensibili, ma soprattutto scaglionare diversamente il tempo delle vacanze, introdurre attività in collaborazione con il privato sociale, perché è sicuramente un investimento sul futuro di tutti.
In cattiva sostanza, il vento caldo dell’estate soffia forte, molto forte e spinge qualsiasi possibilità di divertimento e apprendimento per i minori in condizioni di maggiore svantaggio. E oggi nell’anno del Signore 2025 per le famiglie senza risorse economiche non ci sono opportunità educative da offrire ai propri figli durante la lunga pausa scolastica. E se ci sono, sono poche e non sempre valide, perché la verità è sempre quella: se hai possibilità di pagare la retta in un centro estivo la cui offerta per numero e qualità è limitata, bene, diversamente niente e peggio ancora se vivi in un territorio del Sud.
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