Nel Partito democratico è molto sentita in questi giorni la questione della scarsa presenza delle donne rispetto nella squadra di Governo
Pare che la scarsa rappresentanza femminile nel nuovo Governo sia un problema solo del Pd. In effetti, dai suoi vertici è partita la richiesta di coprire tutte del correnti dell’ex Ditta, ed evidentemente le parlamentari d’area non erano abbastanza significative. I due presidenti, della Repubblica e del Consiglio, alle donne ci hanno pensato eccome, con figure competenti e inattaccabili. Ma gli altri partiti, a parte Forza Italia, non hanno brillato per pari opportunità, preferendo comunque nei posti che contano andare sull’usato sicuro. Dunque le donne del Pd si arrabbiano, ed è un problema loro: scalino le correnti, se ne inventino una nuova, ma per favore, evitino alle donne tutte l’umiliazione dell’elemosina a mano tesa.
Le quote rosa non mi appassionano, aborro le riserve, indiane o dei panda, preferisco la libertà. Di scegliere per merito, di essere scelti per merito. È deprimente che ci si indigni per essere state trascurate, si può fare di meglio. Dare battaglia dentro un partito di cui si condividono i principi, essere le migliori. Non esprimo affatto giudizi impietosi sulle parlamentari che si sono sentite tradite. Probabilmente sono meglio dei colleghi uomini, ci vuol poco: l’esperienza ci dice che soprattutto chi ha già dato prova di sé in incarichi governativi non ha brillato affatto, e con ogni probabilità le donne se la sarebbero cavata meglio.
Perché? Senso pratico, allenato da secoli di gestioni familiari; sensibilità, che di solito rende attenti al prossimo; spirito di collaborazione, che si esprime sempre tra chi è costretto nelle riserve. Una sana competizione, vogliosa dopo millenni di insignificanza politica e sociale. E la scommessa del cambiamento, che di solito porta novità interessanti. È vero che le donne in politica non sono segretari di partito, a parte la Meloni. (questo prude parecchio, alla sinistra che si sente erede delle battaglie femministe). È vero che le donne non siedono ai vertici delle partecipate, delle grandi imprese, sugli scranni della politica, e mi indispettisce che si citino con clamore gli esempi della Casellati e della Cartabia. Come a voler tacitare la categoria con un contentino. Le donne non sono una categoria, da incasellare e ristorare sanando sensi di colpa profondi con mezzucci illusori e ipocriti. Sono persone, diverse, una a una, brave e non, preparate e non, competenti e non, adatte e non.
Ricordiamolo ancora una volta, come ricordiamo che l’erba di solito è verde, se non è secca. Smettiamola di rincorrere il potere, arraffandolo con mani rapaci come ci hanno abituato gli uomini, o chiedendo per gentile concessione. Il potere si conquista, perché si spicca, perché si combatte, e senza sgambetti. E se tante donne dal potere si astengono, magari è perché hanno privilegiato la famiglia, i figli, e non è un’onta, ma un merito. Parità di condizioni, sempre. Parità di opportunità, come dice il ministero apposito. Dice. La carità esercitiamola per altri bisogni, più urgenti e gravi.
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