Parole secche, frasi spezzate. Pochi versi, pochissimi. Poesie come flash di luci metropolitane notturne al neon, che sempre si aprono a una luce più grande. A volte abbagliante, a volte smorzata, ma persistente. Istantanee dell’anima.
Sono i versi essenziali di Pietro Cagni, giovane poeta siciliano, due libri all’attivo (Adesso è tornare sempre, Le Farfalle, 2015, e Asbestos, Le Farfalle, 2022), pensati con cura, senza la fretta che oggi accomuna tutti, anche i poeti. Ma Cagni la poesia la vive, comunque: direttore del Centro di poesia contemporanea di Catania, di cui è tra i fondatori, laureato in filologia classica con una tesi su allegoria e verità nella Commedia dantesca, vincitore del XXX Premio Laurentum a Roma. Perché esprimersi, in qualunque forma, è una necessità vitale, non un lavoro in cui si timbra il cartellino.
Con discrezione, con tenerezza, ma anche con puro realismo, Cagni scandaglia il dolore (la perdita di un fratello) e l’amore (la nascita della figlia Molly). Cosa è infatti “asbestos” che intitola il suo secondo libro? “L’amianto o asbesto è un insieme di minerali di consistenza fibrosa e cancerogeni (…) la sua ormai accertata nocività per la salute ha portato a vietarne l’uso in molti paesi”. Ecco. L’asbesto è citato in una poesia di Jean-Michel Basquiat, riportata in apertura del libro, che non a caso si intitola “A prayer”, una preghiera: “Respirando nei suoi polmoni / 2000 anni di asbesto”.
Preghiere sono anche le “piccole” poesie di Cagni: “adesso che appartieni a chi, di chi sei/ con che occhi ci nutri di solitudine”.
Quella di Cagni è la lotta quotidiana che tutti ci accomuna, ma che solo pochi dotati sanno cogliere e allora condividono con noi, distratti dalle mille cose superflue che riempiono le nostre giornate. Li leggi, i libri di Cagni, come piccoli breviari serali di preghiera: “Nel suo ventre, non eri lei né me / nella beta hcg dell’aria / di tua madre che hai preso / e coagulato, giù, come respiro // Deglutire ora, senza nominarti / ma nella forma, nell’ombra che sei / accompagnati, a lei legare gli occhi”. E ancora, semplicemente, con una frase soltanto, guardare la piccola figlia crescere: “Sei oltre gli occhi, eppure dentro”. Mentre il ricordo, il dolore, si fa compagnia nei piccoli gesti e rumori quotidiani: “Cosa resta, viene il mattino / e anche la notte / sentire il tuo corpo / spostare una parola, le sedie in cucina / qui, tra le cose che non si ricordano”.
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