IMMIGRAZIONE/ Il provvedimento del Governo era necessario, ma l’emergenza si può superare
Oggi il Ministro dell’Interno Roberto Maroni riferirà in Parlamento sul discusso provvedimento con cui lo stato di emergenza per l’immigrazione è stato esteso a tutto il territorio nazionale. ilsussidiario.net ha intervistato il Sottosegretario ALFREDO MANTOVANO per capire la situazione del fenomeno immigratorio e le ragioni dell’ordinanza del Governo. Leggi anche l’approfondimento di ALBERTO PIATTI, Segretario generale di Fondazione Avsi

Nell’ultimo Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, il Governo ha decretato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per gestire i flussi di immigrazione clandestina. Un provvedimento già adottato dal precedente esecutivo, ma solamente per Sicilia, Calabria e Puglia.
Oggi il Ministro dell’Interno Maroni riferirà in Parlamento sulla decisione presa, nel frattempo abbiamo raggiunto il Sottosegretario dell’Interno Alfredo Mantovano per aiutarci a capire la situazione del fenomeno immigratorio e le ragioni dell’ordinanza del Governo.
Ci troviamo di fronte a un’emergenza che ha conosciuto un forte impulso negli ultimi anni, specie negli ultimi due, quando alcune nazioni europee, come la Spagna e la Francia, hanno deciso di restringere l’ingresso nei loro Paesi e i clandestini si sono riversati sull’Italia pensando che fosse più facile entrarci e rimanerci. Non è un caso che a Lampedusa oggi sbarchi un numero di immigrati dieci volte superiore a quello di tre anni fa.
Il centro di prima di accoglienza di Lampedusa, che affronta le prime 24-48 ore successive agli sbarchi, fornisce le prime cure materiali e opera un primo screening sanitario.
Ovviamente Lampedusa è una piccola isola che non offre la possibilità di ospitare molti immigrati, soprattutto ora che il loro numero è aumentato in maniera vertiginosa. Per questo, attraverso dei ponti aerei, essi vengono trasferiti in altre zone del territorio nazionale.
Il primo effetto è quello di avere a disposizione strumenti più agili e veloci rispetto a quelli che di solito si hanno a disposizione per far fronte a queste emergenze.
Si tratta di trovare dalla mattina alla sera tutto quello che può servire a sfamare e curare migliaia di persone. Sveltire le procedure amministrative attraverso tale meccanismo non può che essere d’aiuto ad affrontare questo tipo di esigenza.
Penso che anche la più rigorosa delle norme nazionali non può risolvere totalmente il problema. C’è bisogno di una politica d’area, una politica europea.
Vanno poi intensificati i rapporti bilaterali con i Paesi di provenienza e di transito. In particolare, lo sforzo politico, prima ancora che giuridico, va dato per attuare completamente l’accordo con la Libia, sottoscritto nel dicembre dello scorso anno dall’allora Ministro Amato, che è rimasto finora sulla carta.
Veniva previsto l’invio di aiuti alla Libia in cambio di collaborazione nella gestione dei flussi migratori.
Durante la precedente esperienza di governo questi aiuti sono stati effettivamente mandati: penso ai prefabbricati usati per costruire campi, alle attività di istruzione per le forze di polizie libiche, ai vari mezzi (autovetture e motovedette) consegnate a Tripoli.
Si tratta ora di riprendere quest’opera di collaborazione.
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