Scholz: «Bene il governo, ma non basta»
Il presidente della Compagnia delle Opere, in questa intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, valuta l’attuale situazione economica e politica, alla luce del messaggio lanciato quest’anno dal Meeting di Rimini

Ragazzi entusiasti, religiosi ed intellettuali che affilano fede e spade, politici che bilanciano equilibri e posti. Parte il Meeting di Comunione e Liberazione. «O protagonisti o nessuno» è il titolo, nel campus della fiera riminese, una frase di don Giussani. Cl cerca di posizionarsi nell’era del Berlusconi trionfante. E se a condurre il movimento, dopo la scomparsa del fondatore, è uno spagnolo, don Julian Carron, a presiedere la Compagnia delle Opere, il suo braccio imprenditorial-assistenziale è un tedesco, Bernhard Scholz. Nato a Mtillheim, 51 anni, sposato con un’italiana, tre figli, laurea su MaxWeber a Friburgo, lavoro come consulenza e formazione manageriale. Guida una Compagnia che in Italia ha 42 sedi, 14 all’estero, raccoglie 34 mila imprese (un migliaio non profit) in cui lavorano 500 mila persone.
O protagonisti o nessuno, il titolo suona presuntuoso a un orecchio esterno.
«Don Giussani afferma che protagonisti non vuole dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irripetibile. Vogliamo proprio sottolineare che ogni persona ha un valore infinito e che la dimenticanza di questo valore rischia di ridurla, di renderla succube dei vari poteri».
Il suo predecessore Raffaello Vignali è diventato deputato di Forza Italia. Una scelta che vi segna?
«Per noi la politica non è tutto, ma è uno strumento per servire il bene del Paese. In questa giusta distanza è possibile anche un impegno vero dentro un partito specifico rimanendo in dialogo con tutti. Come Vignali sta dimostrando».
Come giudica i cento giorni del governo Berlusconi?
«È un governo stabile – cosa importante, non scontata – che ha dimostrato di voler affrontare con realismo i problemi del paese in un contesto economicamente difficile. I primi segnali sono infatti positivi. Penso ad una finanziaria equilibrata, a Napoli, ad alcune misure per le imprese, al «cinque per mille», al libro verde del Ministro Sacconi, veramente innovativo come metodo».
Nanni Moretti ha parlato di un’opinione pubblica che non esiste più nell’era berlusconiana.
«Io vedo un dibattito politico interessante sia sui giornali sia in certi programmi televisivi. Non mi risulta che gli opinion maker italiani siano diventati tutti berlusconiani. Durante i miei vari viaggi incontro e sento tante persone, e mi sono fatto l’idea che la gente è molto più critica e capace di discernere politicamente di quello che ci viene suggerito in certi momenti politici da chi si trova all’opposizione».
Giuseppe De Rita ha visto nella Chiesa l’unica istituzione in grado di fornire valori forti. Ma non è la dimostrazione della debolezza della società italiana?
«Al contrario. La società italiana è profondamente segnata dalla cultura cattolica: il valore della persona legato ad una forte socialità capace di valorizzare l’individualità, poi la creatività, la vena artistica, l’ingegno scientifico. Questi sono dei pregi enormi generati o rafforzati dalla cultura cattolica. Più l’Italia si riferisce a questi valori più si rafforza. Poi ci sono anche altre tradizioni, come quella socialista e quella liberale (non quella liberalista) che hanno dato e danno un grande contributo allo sviluppo della società. Vorrei sottolineare che i valori morali vengono recepiti positivamente se nascono da un amore reale alla persona. La Chiesa non è una agenzia etica, è una realtà umana che comunica anche nonostante e attraverso i suoi limiti – la passione di Dio per l’uomo, per ogni singolo uomo».
Voi parlate di amicizia, bene comune, ma cosa significa nel fare impresa?
«Significa che ogni impegno personale viene vissuto con la consapevolezza di essere un contributo per il bene di altri, per il bene comune. Questo diventa un criterio nelle scelte concrete. Chi fa impresa, crea lavoro, allora è giusto e utile cercare di fare crescere l’impresa, e investire appena possibile. Chi ha dei collaboratori li può trattare come semplici esecutori oppure può attribuire loro delle responsabilità che permettano di crescere professionalmente o umanamente».
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