FRANCESCO COSSIGA/ Picconate, tutti i «capolavori» del presidente merito

- La Redazione

Picconatore, Francesco Cossiga amava definirsi così ed è con questo soprannome che passerà alla storia. Restano famose le sue battute su Occhetto, lo zombie coi baffi, o Violante, il piccolo Vishinski (pronunciata nel 1991, in risposta all'allora esponente del Pds)

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Picconatore, Francesco Cossiga amava definirsi così ed è con questo soprannome che passerà alla storia. Restano famose le sue battute su Occhetto, «lo zombie coi baffi», o Violante, «il piccolo Vishinski» (pronunciata nel 1991, in risposta all’allora esponente del Pds).

«Adesso gli scherzi sono finiti», disse, è arrivato il tempo delle «picconate», come lui stesso le definì il 23 marzo 1991. Annunciando, alla presentazione del libro Cossiga, uomo solo di Paolo Guzzanti, l’intenzione di continuare a dare «ancora picconate a questo sistema» che dopo di lui «non potrà più essere restaurato, ma dovrà essere cambiato». «Facevo parte di una formazione di giovani democristiani armati – raccontava il Picconatore -, armati dall’arma dei carabinieri, per difendere le sedi dei partiti e noi stessi nel caso che i comunisti, perdute le elezioni, avessero tentato un colpo di Stato».
 

E il Picconatore ne aveva per tutti. Di Achille Occhetto, il 22 gennaio 1992, in risposta al Pds che lo attaccava «sul piano Solo, P2, su golpismo e impeachment», disse che aveva il potere di far rivivere «le cose più abbiette e più volgari del paleo-stalinismo».

Neanche Berlusconi si salvò dai suoi affondi: «E’ il nuovo De Gasperi – disse il Picconatore -? Io allora sono il nuovo Carlo Magno» (in risposta a don Gianni Baget Bozzo che, il 18 aprile 1998, lo esaltava).

Battute brucianti del Picconatore anche contro l’allora responsabile della giustizia dei Ds, Pietro Folena, «quando lo vedo – riferì ai giornali il 22 giugno 1998 – penso sempre a quanto ha perduto la moda e quanto poco ha guadagnato la politica. Con la sua eleganza, la sua finezza, è chiaramente un mancato indossatore».
 

Con picconate che, non di rado,Cossiga rivolgeva anche contro se stesso. Sul caso Moro, 15 febbraio 2001, riconobbe: «Ho concorso ad uccidere o a lasciar uccidere Moro quando scelsi di non trattare con le Brigate Rosse e lo accetto come mia responsabilità, a differenza di molte anime candide della Dc».
 

Riguardo a Calciopoli, il 6 luglio 2006, se ne uscì con una delle sue: «La giustizia sportiva è una buffonata». Mentre, da sempre attaccato sulla sua presunta adesione alla loggia massonica, il 16 ottobre 2009 disquisì: «E’ anche vero che io abbia una origine familiare di grandi tradizioni repubblicane, antifasciste, radicali e massoniche. Ma non sono stato e non potrò mai essere massone perché sono cattolico».

 

 

 







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