CASO RUBY/ E ora il metodo Di Pietro rischia di dare la vittoria a Berlusconi…

- Stefano Zurlo

Siamo alla resa dei conti tra la procura di Milano e Silvio Berlusconi? STEFANO ZURLO ne parla a IlSussidiario.net

boccassini_colombo_R400 Ilda Boccassini e Gherardo Colombo (Foto: Imagoeconomica)

La chiamano la battaglia finale. Quella che non farà prigionieri. La procura di Milano va all’attacco di Silvio Berlusconi forzando la porta di Arcore. Anzi, no: è questo l’escamotage utilizzato dai pm di rito ambrosiano. La legge vieta la perquisizione della dimora di un parlamentare. Ma c’è sempre un rimedio. A Milano un kit d’emergenza è sempre pronto, da diciassette anni, dall’epoca in cui Antonio Di Pietro alzò il vessillo dell’antiberlusconismo sognando davanti a Borrelli lo scalpo del Cavaliere e affermando come in un fumetto di Tex: «Io quello lo sfascio».

Dunque, la norma si può sempre aggirare. Basta controllare chi entra e chi esce e il gioco è fatto. Chiamatelo assedio elettronico: è quel che è andato in scena per settimane, anzi retrospettivamente per mesi, intorno a Villa San Martino. Decine di persone sono state intercettate, controllate, schedate. I loro tabulati sono stati studiati all’indietro per mesi, poi collegati in una rete dalle maglie fittissime. È stata intercettata Ruby, ma anche il prefetto Carlo Ferrigno che si era trovato in mezzo a uno scoppiettante dopocena a base di bunga bunga e ne era uscito schifato.

Pure lui viene ascoltato, mentre parla con il figlio. È intercettato Emilio Fede, ma anche il suo autista. Le telefonate finite nei brogliacci della polizia giudiziaria sarebbero almeno centomila, forse centocinquantamila e decine i telefoni localizzati sulla cella di Arcore con un margine di errore di pochissimi metri.

La tecnologia fa miracoli. E la fortuna aiuta. Incrociando, come a una fiera, le più sofisticate tecnologie dell’ultima generazione, gli investigatori hanno ricostruito minuto per minuto, o almeno di questo sono convinti, la vita di Arcore ai tempi del bunga bunga. A Brembate, invece, le stesse tecnologie hanno fatto cilecca e non si è nemmeno capito se il presunto testimone oculare del rapimento di Yara, Enrico Tironi, sia un millantatore oppure no.

Formalmente, la legge non è stata violata, ma la casa è stata perforata come un colabrodo. È quello che voleva il legislatore? Certo, le persone che frequentavano Arcore – come si fa notare in ambienti vicini alla procura – sono molte di più di quelle finite nelle pagine dell’inchiesta e la magistratura, volendo, avrebbe potuto fare anche di più, come ad esempio installare delle telecamere all’ingresso di Villa San Martino . Ma la sostanza non cambia: di fatto, il Cavaliere è stato “spiato”.

Un po’ alla volta capiremo anche il peso specifico di quel diluvio senza precedenti di nastri. In prima battuta paiono insuperabili, ma altre volte, sin dai tempi di Pacini Battaglia e Di Pietro, e poi su su passando per i furbetti del quartierino e D’Alema e Fassino, i brogliacci hanno deluso. Perchè spesso non mantengono quel promettono. Perchè le frasi, se rilette, perdono quella patina di sicumera e diventano incerte, a tratti oscure, in qualche punto strategico indecifrabili.

Poi basta prendere quelle di Ruby per vedere che non tornano. Ruby aveva detto la sua vera età anagrafica? Basta porsi questa domanda per impantanarsi. Per esempio, nei dialoghi con il suo ex fidanzato. Lui sapeva in un brano. Non sapeva in un altro. Sapeva un po’, in un terzo passaggio. Un ginepraio. E un rompicapo.

Per la procura le prove sono evidenti e così si va verso il rito immediato. Scacco matto. Subito. Ma le sabbie mobili – quelle migliaia di chiamate da trascrivere – potrebbero fermare il blitz.







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