BERLUSCONI/ “Riforma giustizia e carta costituzionale”, l’intervento al congresso di Scilipoti
Silvio Berlusconi è intervenuto oggi al congresso del movimento dell’onorevole Scilipoti. Ha invocato una riforma della giustizia e della carta costituzionale

Il capo del governo è intervenuto oggi al congresso del movimento di responsabilità nazionale guidato dall’ex Idv Scilipoti. Nel corso del suo intervento, Silvio Berlusconi ha sottolineato la necessità di approvare la riforma della giustizia e anche quella della carta costituzionale. Ha inoltre parlato di una terza necessità, quella di riformare anche la legge elettorale, introducendo una variante che consenta di scegliere candidato per candidato. Parlando di Costituzione, secondo Berlusconi essa non concede reali poteri al capo del governo: dà solo la possibilità di fare suggerimenti, ma nessun potere reale. “Il premier e il governo hanno solo il potere di proporre alle Camere disegni di legge e decreti legge, niente di più. Non posso dimissionare un ministro” che in caso il premier chiedesse ciò, ha detto, gli riderebbe in faccia. Berlusconi ha anche detto che il suo governo durerà anche questa volta cinque anni come già successo e a proposito dei problemi giudiziari, dice che negli ultimi diciotto anni non gli hanno fatto mancare nulla in tal senso. E’ quindi necessario secondo il premier fermare i giudici politicizzati: “Nella riforma della giustizia la prima cosa da fare è non consentire che nella giustizia ci siano dei partiti politici ed in particolare rivedere la formazione del Csm per ottenere che i giudici facciano i giudici e non utilizzino la giustizia come arma politica”. Ha avuto invece parole di grande elogio per il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha definito intelligente e puntuale: il suo tipo di intervento è sempre qualcosa di molto preciso. Le riforme promesse e che invece non ci sono state, ha aggiunto, sono colpa dei suoi alleati: non avendo lui avuto il 51% dei voti, non ha potuto operare come promesso. Il suo impegno in politica è stato motivato da una sola cosa, evitare che i comunisti andassero al governo. Fu questa la decisione che lo spinse insieme “ad altri matti” nel ’93 a scendere in politica: il golpe giudiziario aveva spazzato infatti via i cinque partiti della democrazia occidentale.
Per quanto riguarda il suo abbandono ella politica, ha concluso, lascerà solo quando avrà dato vita a una formazione che si rinasca nei valori del Ppe e che possa contrapporsi alla sinistra dilaniata dalle divisioni.
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