RIFORMA PENSIONI/ Concluso il vertice della Lega. Ma è silenzio stampa. Giallo sul futuro del governo
Si è concluso il vertice della Lega, in cui è stata discussa la posizione da assumere sulla riforma delle pensioni. Gli esponenti del Carroccio sono chiusi in silenzio stampa

Si è concluso il vertice della Lega, in cui è stata discussa la posizione (definitiva) che il Carroccio assumerà in merito alla riforma delle pensioni. E, sulla quale, potrebbe scriversi la parola fine per il governo, ma anche per la legislatura. Va interpretato in questo senso, infatti, l’inquietante silenzio stampa dietro il quale si è trincerato lo stato maggiore padano al termine del vertice. Il leader Umberto Bossi, i capigruppo di Camera e Senato, Marco Reguzzoni e Fabrizio Bricolo, e i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni, usciti dall’incontro sono rimasti con le bocche cucite.
In mattinata, avevano incontrato il premier Berlusconi che aveva sottoposto loro una bozza di riforma sulla quale avevano promesso, almeno, di ragionarci. Difficile, tuttavia, che dopo le dichiarazioni del Senatur (in pensione a 67 anni è impossibile, la gente ci ammazza), il Carroccio farà marcia indietro. La vicepresidente del Senato, la leghista Rosy Mauro, dal canto suo, aveva minacciato di portare in piazza il sindacato padano di cui è leader. Il problema è serio. Nel vertice europeo di domenica, al presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, la Merkel. Sarkozy, Von Rompuy e Barroso, non hanno lasciato alternative. Deve fare le riforme, e subito. Per rilanciare lo sviluppo e dare alle istituzioni europee e ai mercati finanziari un segnale di responsabilità. Onde evitare che gli investitori decidano che i titoli italiani sono troppo rischiosi per i loro portafogli. Il che, inevitabilmente, determinerebbe, prima o poi, il nostro default. Al premier, è stato chiesto, dai vertici europei, anche di fare al più presto le valige. Ma questo è un altro paio di maniche. Se, in merito alla decisione di un leader eletto di sloggiare, i leader europei non hanno alcun diritto o potere, tuttavia possono dettargli, di fatto, (data la nostra precarietà economica), l’agenda. Il primo appuntamento della quale è, appunto, la riforma delle pensioni. La palla, insieme al futuro del governo, resta, a questo punto, nella mani della Lega. Il premier, di fronte ad un suo secco rifiuto, si vedrebbe quasi inevitabilmente costretto alla dimissioni.
Ma, a quel punto resterebbero in gioco tutti gli scenari. Sempre la Lega ha deciso, infatti, di metter fino all’ultimo i bastoni tra le ruote all’azione dell’esecutivo. E ha già fatto sapere che boccerà l’ipotesi di un governo tecnico guidato da Gianni Letta. Che non restino, a quel punto, che le elezioni anticipate?
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