SCENARIO/ Sardo (L’Unità): ora la sinistra esca dal settarismo dell’ultimo ventennio
Conquistata la vittoria, Bersani comincia a fare i conti con il 40% portato a casa da Renzi che inevitabilmente peserà all’interno del Pd. Ne parliamo con CLAUDIO SARDO

Conquistata la vittoria nelle primarie, Pier Luigi Bersani comincia a fare i conti con il 40% ottenuto da Renzi che inevitabilmente continuerà ad avere un certo peso all’interno del partito. Il segretario definisce il giovane rottamatore una preziosa “risorsa”, ma come tutti coloro che prendono parte allo “squadrone democratico”. Ammette che il sindaco di Firenze si è reso protagonista di una “bella avventura, ci ha messo energia, freschezza”, ma quando cominciano a circolare voci riguardo un possibile “ticket” tra i due dallo staff di Bersani si affrettano a precisare che la frase pronunciata dal segretario Pd non va letta come una “promozione” di Renzi. Il direttore de L’Unità Claudio Sardo, raggiunto da IlSussidiario,net, spiega che in fondo Bersani “ha dimostrato di aver ragione, organizzando queste primarie dopo aver avvertito un elemento di crisi molto forte tra politica e società civile: ha messo a rischio se stesso e il partito che guida, ma alla fine è stato premiato”.
Che ruolo giocherà adesso il 40% di Renzi all’interno del Pd? Quanta instabilità potrà creare?
E’ un dato che va sicuramente capito e analizzato a fondo. Il grande catalizzatore di questo 40% è senza dubbio la grande domanda di rinnovamento della politica chiesta dal Paese, a cui possa però corrispondere una nuova classe dirigente che incarni proprio il cambiamento. Credo sia stato proprio questo, tra le altre questioni di merito sollevate, l’elemento prevalente, nonostante Renzi abbia comunque espresso posizioni decisamente contrastanti rispetto alla storia del Partito Democratico. Ed è altrettanto ovvio che sia Bersani che il centrosinistra dovranno fare i conti con tutto questo.
Come dovranno comportarsi?
Indubbiamente la fetta di elettorato che si è espressa intorno a Renzi dovrà trovare un ruolo ben preciso nel Pd e nel centrosinistra. La formula con cui ciò dovrà accadere non è ancora evidentemente chiara: dopo le elezioni politiche il Pd si riunirà nel congresso, dove mi auguro che tutte queste diverse forze possano incontrarsi e raggiungere forme ed espressioni distinte all’interno di un’unica collaborazione. Negli ultimi 20 anni non abbiamo fatto altro che indebolire i partiti e riposto le speranze in coalizioni spesso troppo lunghe e frastagliate, in cui il litigio è certamente meno salutare di una capacità di sintesi all’interno di un solo schieramento.
Come farà però Bersani a non far disperdere questo elettorato?
Vorrei sottolineare che Renzi è riuscito a raccogliere molte energie anche fuori dallo stesso centrosinistra, forse addirittura un terzo dei voti complessivi ottenuti. Detto questo bisogna però ricordare che le radici del Pd sono molto lunghe e che i suoi problemi di amalgama sono stati molto diversi nel tempo, tra chi veniva dalla tradizione cattolico-democratica e chi dalla storia comunista. Oggi Renzi non fa altro che porre un tema nuovo che andrà senza dubbio risolto.
In che modo?
Ovviamente non sarà facile riuscire a tenere insieme tutta quest’area che si è mobilitata nel Partito Democratico, ma credo che Bersani debba innanzitutto tentare di favorire concretamente quel rinnovamento politico che chiede tutto il Paese. Senza dubbio anche il coinvolgimento di Renzi e di tutto coloro che lo hanno sostenuto potrà risultare necessario nella vita politica del partito, ma bisogna tener presente un altro aspetto.
Quale?
Che il carattere inclusivo della nuova proposta non potrà riguardare soltanto la figura di Renzi. La sinistra che si candida a governare il Paese non può risultare settaria o credere di essere autosufficiente, ma dovrà indire una grande leva di ricostruzione nazionale partendo da un presupposto popolare e democratico. L’inclusione di Renzi, quindi, dovrà semplicemente essere il paradigma di un grande tentativo di inclusione nazionale, con l’obiettivo di uscire dalla dimensione settaria di quest’ultimo ventennio.
In molti hanno consigliato a Renzi di fondare un proprio partito. Cosa ne pensa?
Non credo che al momento sia un’ipotesi realistica o che Renzi ci stia davvero pensando. Molto probabilmente a volerlo sono tanti tra coloro che lo hanno sostenuto in queste settimane, ma non vedo all’orizzonte una simile possibilità. Anche dai toni dimostrati nel discorso, a tratti autocritico, con cui ha salutato i suoi sostenitori al momento della conclusione del ballottaggio, Renzi mi ha dato l’impressione di voler puntare molto al mantenimento di una forte coerenza nel proprio comportamento.
Come potrà farlo?
Ha detto di voler giocare la sua partita all’interno del centrosinistra e che il tempo lavora per lui, quindi per ora non credo ad altre soluzioni. Dopo il risultato ottenuto, inoltre, Renzi non potrà neanche rimanere solo a guardare: a questo punto anche lui sarà corresponsabile del destino del centrosinistra.
Se Renzi rimane dove crede finirà quell’elettorato di centrodestra che non crede più nel Pdl?
E’ chiaro che, nel caso in cui ci fosse una sola candidatura forte alla guida del Paese, tutti coloro che non sono d’accordo con questa rischiano di confluire in soluzioni di riserva o verso esiti populistici. Se quindi una grande massa di voti dovesse finire in formazioni che non hanno alcuna intenzione di assumersi la responsabilità di governo, ma solo quella di contestare, andremmo incontro a un grave danno di sistema e a un pesante fattore di squilibrio che mi auguro possa non verificarsi mai.
(Claudio Perlini)
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