GIUSTIZIA/ 1. Cancellieri: processi più brevi e pena certa
“E’ difficile mettere in cantiere una riforma vera della giustizia oggi. Ma ha ragione il Presidente: abbiamo il dovere di provarci”. Parla ANNA MARIA CANCELLIERI, ministro della Giustizia

“L’immigrazione? Non si governa col carcere”. Le riforme da fare? Assicurare “la certezza dei tempi della giustizia e la certezza della pena”. Politica permettendo, e la politica oggi non gode affatto di buona salute. “Capisco che è difficile mettere in cantiere una riforma vera della giustizia oggi. Ma ha ragione il Presidente Napolitano: abbiamo il dovere di provarci”. Parla Anna maria Cancellieri, ministro della Giustizia, ospite oggi al Meeting di Rimini per parlare di pena e di riconciliazione.
Ministro, crede che una riforma complessiva della giustizia, come auspicato dal presidente Napolitano, si potrà fare?
Per la politica è un momento delicato, capisco che è difficile mettere in cantiere una riforma vera della giustizia oggi. Ma ha ragione il Presidente: abbiamo il dovere di provarci.
Se lei potesse scegliere tre riforme da fare subito, quali sarebbero?
Sceglierei quelle che, secondo me, interessano più di tutto ai cittadini. Due i punti chiave: la certezza dei tempi della giustizia e la certezza della pena. Con queste due certezze i cittadini forse comincerebbero a ritrovare più fiducia nella giustizia.
Cosa pensa dell’ipotesi di un provvedimento di clemenza, amnistia o indulto?
La mia opinione personale è favorevole all’amnistia, oltre che per motivi umanitari anche perché ci darebbe l’opportunità di mettere in cantiere una riforma complessiva del sistema penitenziario; ma come ho detto più volte è un provvedimento che tocca al Parlamento. Mi rimetto alle scelte della politica.
Quali sono secondo lei i nodi principali per affrontare l’emergenza carceri?
È uno solo. Occorre un cambio di passo culturale. Ripartire da quello che dice la Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Tradotto in due parole significa migliorare, e di molto, le condizione delle carceri e dare al maggior numero di detenuti possibili l’opportunità di reinserirsi nella società. Aumentare quindi le opportunità di lavoro, lavoro sociale e studio.
I provvedimenti adottati per superare l’emergenza del sovraffollamento nelle carceri non rischiano di abbassare il livello di sicurezza dei cittadini soprattutto rispetto alla cosiddetta microcriminalità?
È un tema delicato e ho ben presente il senso di insicurezza crescente tra i nostri concittadini. Il nostro provvedimento, affidando sempre al magistrato la decisione finale, vuole proprio evitare che possano uscire dalle celle detenuti considerati pericolosi.
La funzione della pena è un tema perennemente oggetto di discussione. È possibile individuare dei punti fermi, generalmente condivisi?
Torno alla Costituzione: pene certe, condizioni dignitose di detenzione e rieducazione. Carceri che funzionano e buoni programmi di recupero, di lavoro e di educazione sono una garanzia di maggior sicurezza per tutti.
Secondo lei ha senso utilizzare la sanzione penale in chiave di contrasto dei flussi migratori?
La pena ci deve essere per chi ha commesso reati ed è stato giudicato: italiano o straniero che sia. Ma è evidente a tutti che il tema dell’immigrazione, che è globale ed è addirittura biblico, non si governa col carcere.
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