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Home » Politica » CAOS SENATO/ Il giurista: Calderoli ha stoppato il centralismo di Renzi

  • Politica

CAOS SENATO/ Il giurista: Calderoli ha stoppato il centralismo di Renzi

La riforma del Senato? Procederà a rilento. Secondo STELIO MANGIAMELI la mossa di Forza Italia di votare anche l'odg Calderoli ha l'intento di mostrare i muscoli a Renzi

Int. Stelio Mangiameli
Pubblicato 8 Maggio 2014
presidenzasenatoR439

Infophoto

Senato elettivo o non elettivo? Nella serata di martedì il governo è andato sotto in Commissione affari costituzionali che, anche con voti dei dem (e di Forza Italia, Sel e M5S), ha appoggiato l’ordine del giorno (elettivo e fortemente regionalista) del senatore leghista Roberto Calderoli, bocciando quello di Anna Finocchiaro. Al termine di un travaglio assai complicato, la maggioranza è riuscita – con l’aiuto di FI – a dare alla luce il suo testo base. Gli azzurri fungono da salvagente per Renzi&co e Paolo Romani (capogruppo azzurro a Palazzo Madama) lo fa notare. Il costituzionalista Stelio Mangiameli cerca di delineare una linea guida nel caos.


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Facciamo il punto sul caos Senato. Il governo è andato sotto in Commissione, dove è stato approvato l’odg Calderoli (anche con voti dal Pd e di Forza Italia), ma alla fine è riuscito a presentare il suo testo base (di nuovo grazie ai forzisti).

Il problema di fondo è che tra l’ordine del giorno Calderoli e il disegno di riforma costituzionale del governo vi è una profonda discrasia. Sono due atti che hanno un’ispirazione profondamente diversa.


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In sintesi?

Il disegno del governo costruisce, essenzialmente, un Senato poco rappresentativo e con pochissimi poteri, molto limitati nella legislazione ordinaria, mentre quello Calderoli – oltre a conferire una considerevole quantità di potere alle regioni – prevede un Senato molto più articolato e con poteri incisivi. Quindi, il fatto che la Commissione affari costituzionali abbia votato sia l’odg Calderoli che quello della Finocchiaro pone le premesse per una situazione incerta e quanto mai torbida. Oltre alla giravolta di Forza Italia, anche lo stesso Pd, spaccandosi, ha determinato questo risultato.


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Ecco, veniamo al dietrofront di FI…

Sì, ma ricordiamoci che la versione ufficiale di Forza Italia, espressa da Berlusconi, è che il Senato così com’è nel ddl del governo non è votabile.

In commissione gli azzurri hanno votato entrambi gli odg, annullandoli a vicenda. Si è così tornati al punto di partenza…

È stata un’operazione politica con la quale Forza Italia ha voluto sottolineare che la sua presenza è decisiva, in ogni senso, per le riforme. “Non esiste la possibilità di una riforma costituzionale senza di noi”: è stato questo l’obbiettivo politico perseguito ieri dai forzisti. Dopodiché anche loro dovrebbero dirci cosa vorrebbero fare; è vero, lo si può evincere dalle dichiarazioni di Berlusconi: il partito tenderebbe ad assecondare la velleità riformatrice di Renzi, ma non è convinto del modello di Senato avanzato dal governo. Perciò, da questo punto di vista, un comportamento che potrebbe sembrare contraddittorio – cioè quello di dare il voto a due proposte che cozzano tra loro – ha senso, eccome se lo ha.

Ma quello che viene votato in un odg quanto è vincolante poi per l’azione di governo?

Innanzitutto è vincolante per la stessa commissione, che deve arrivare a un testo unificato dalle diverse proposte. Che poi non si tenga conto di tutte le indicazioni avanzate (come quelle che recano la firma di Roberto Calderoli) e che si passi direttamente al ddl del governo, agendo per emendamenti su quel disegno, si può fare, ma significa solamente una cosa: allungare il procedimento. Infatti ora l’esecutivo deve comunque tenere conto di ciò che è stato avallato dalla Commissione.

 

Qual è secondo lei il punto di criticità maggiore sulla riforma?

La composizione del Senato è il nocciolo della questione. In effetti il disegno di legge governativo costruisce un senato come se fosse un consiglio delle autonomie locali e nazionali, e non come una vera e propria camera parlamentare.  

 

La migliore struttura per il nuovo Palazzo Madama quale sarebbe?

Non c’è una struttura che si può considerare migliore a un’altra: tutto dipende dal disegno complessivo. Se si vuole partorire un regionalismo funzionale allora è chiaro che la seconda camera dovrebbe essere fortemente rappresentativa dei consigli regionali a livello nazionale, così che la legislazione nazionale di riferimento possa essere corroborata dai consigli stessi. Se invece si punta a sminuire il modello regionale, lasciando sì in piedi le regioni, ma considerandole come una sorta di grande dipartimento, allora il fatto di avere un Senato con pochi poteri e poco rappresentativo sarebbe giustificato.

 

(Fabio Franchini)


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