Il dibattito relativo alla futura legge elettorale deve tenere conto di molte variabili il cui effettivo determinarsi al momento risulta non facilmente prevedibile. Soprattutto, si concluderà positivamente il percorso di riforma costituzionale? E quale sarà il ruolo del Senato e il meccanismo di determinazione dei suoi componenti? Le questioni poste dalla riforma costituzionale e da quella elettorale si intrecciano in un circuito che appare, allo stato, più vizioso che virtuoso. E i conflitti presenti tra le forze politiche e all’interno di queste ultime non favoriscono certo scenari di facile composizione dei dubbi ancora irrisolti.
In ogni caso, dal punto di vista costituzionale, alcuni punti fermi vanno sottolineati.
A partire dalla sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, il legislatore non gode più di una sorta di illimitata discrezionalità nella determinazione del sistema elettorale. Seppure la Costituzione non si pronunci espressamente circa il contenuto delle leggi elettorali, la Corte costituzionale ha correttamente ritenuto che la materia elettorale non possa essere una “zona franca”, sottratta cioè al sindacato di costituzionalità. Queste leggi hanno ad oggetto “le regole della composizione di organi costituzionali”, regole che la Corte definisce “essenziali per il funzionamento di un sistema democratico-rappresentativo” e “che quindi non possono essere immuni” dal suo sindacato. Dunque, essendo in questione un “ambito strettamente connesso con l’assetto democratico”, il legislatore non può più ritenersi libero di scegliere qualunque sistema elettorale, in quanto tale scelta deve ritenerersi soggetta al controllo esercitato dalla giustizia costituzionale.
In secondo luogo, in presenza di violazioni di principi e diritti costituzionalmente garantiti – e soprattutto quando questi ultimi non possano essere altrimenti garantiti – l’intervento della Corte costituzionale può essere chiesto da qualunque cittadino elettore per il tramite di un giudice, ossia, tecnicamente, proponendo un’ “azione di accertamento” dell’eventuale lesione giuridica determinata dalla legge elettorale a danno del diritto di voto costituzionalmente garantito.
Si badi bene: basta che si tratti di una lesione determinata dalla sola presenza della legge elettorale considerata presuntivamente incostituzionale. Non occorre cioè che la legge sia stata concretamente applicata. Ciò spiega, a ben vedere, le ragioni sottostanti alla proposta di introdurre nella Costituzione un atipico giudizio preventivo della Corte costituzionale sulle leggi elettorali su richiesta delle minoranze parlamentari: si intende così evitare che siano i cittadini stessi ad interpellare, tramite i giudici, la Consulta.
In terzo luogo, il legislatore, qualunque sistema elettorale scelga, deve rispettare la Costituzione, e innanzitutto il principio democratico, principio fondamentalissimo del nostro ordinamento costituzionale. Ciò significa che i titolari degli organi parlamentari devono essere selezionati in modo che siano effettivamente rappresentativi della volontà popolare. In poche parole, la stagione dei “nominati” – che tanti danni ha arrecato alle istituzioni e al Paese tutto – deve considerarsi definitivamente chiusa. Chi volesse in vario modo perpetuarla, deve esse consapevole del rischio cui andrebbe incontro: una nuova pronuncia di illegittimità costituzionalità sarebbe la pietra tombale che seppellirebbe agli occhi dell’opinione pubblica chi avesse voluto contribuito ad approvare un rinnovato “Porcellum” sotto – poco – mentite spoglie.
Inoltre, qualunque sia il sistema elettorale prescelto, esso non potrà sfuggire al canone della razionalità e della ragionevolezza: la determinazione di soglie palesemente irragionevoli o di premi di maggioranza del tutto sproporzionati rispetto ai voti conseguiti, così come gli altri artifici variamente determinati dai cosiddetti “tecnici” attualmente all’opera, potranno essere sottoposti al giudizio della Corte costituzionale. A quest’ultima si potrà chiedere di accertare se i meccanismi escogitati dal legislatore siano coerenti con la finalità di dare coerente rappresentanza democratica alle libere scelte degli elettori, oppure siano mezzi introdotti per deviare arbitrariamente queste ultime.
Infine, deve segnalarsi un aspetto che appare davvero poco commendevole: sono passati ormai parecchi mesi da quando la Corte costituzionale ha colpito le leggi elettorali vigenti con la sentenza n. 1 del 2014. Correttezza istituzionale vuole che il Governo e il Parlamento adottino gli atti necessari per dare piena attuazione alle indicazioni della Corte: occorre, infatti, restituire alle normative elettorali quella compiutezza che viceversa ancora manca, soprattutto in relazione all’indicazione del voto di preferenza, che la Corte ha ritenuto costituzionalmente necessaria, ma che ancora manca di una specifica disciplina normativa.
Basta volgere lo sguardo ad esempi stranieri, ad esempio a quanto avviene in Germania, per vedere ben altra rapidità nel dare immediata e corretta esecuzione alle indicazioni della suprema istanza della giustizia costituzionale in materia elettorale. Se si dovesse, per qualunque ragione, andare alle urne a causa di uno scioglimento anticipato delle Assemblee parlamentari, non avremmo una normativa compiutamente applicabile, nè tanto meno coerente con la predetta sentenza della Corte costituzionale.
Il diffuso silenzio su questo aspetto, a tutti i livelli, induce a sospettare sulle motivazioni politiche che sono alla base di tale grave omissione. Ma qualunque siano tali motivazioni, il rispetto dovuto alle pronunce della Corte costituzionale, tanto più se relative a strumenti essenziali per il funzionamento della democrazia, è nello stesso tempo il rispetto per la Costituzione. Purtroppo, il tanto e ripetuto parlare di modifiche della Costituzione ha innescato un processo di latente delegittimazione delle regole costituzionali vigenti, che si manifesta anche in coloro che dovrebbero applicarla in prima istanza. Spetta agli organi costituzionali tutti il dovere di agire per rimediare a questa incresciosa condizione. Non si tratta di dare un’arma in più o meno all’esecutivo o a chi intende favorire le elezioni anticipate; si tratta di rispettare le regole del gioco democratico.