Quando Giorgio Napolitano — ieri sera, nel suo nono e ultimo discorso di fine anno agli italiani — ha ricordato la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia ha certamente richiamato la sua orazione civile al Meeting di Rimini 2011: quella in cui il presidente della Repubblica ha voluto ringraziare apertamente — per la prima volta — tutti gli italiani che dal 1861 hanno costruito l’unità nazionale. Tutti: non solo quelli citati dai manuali di storia. Tutti, cioè: tutti. A quest’Italia — nata in modo non scontato, sopravvissuta in modo sorprendente a guerre e dittature, maturata come democrazia in Europa — il presidente della Repubblica ha confermato con forza la sua «ragionata fiducia». Ha fatto «appello» agli italiani del 2015 perché «ce la mettano tutta» e «facciano la loro parte»: come — nessuno può disconoscerlo — ha sempre fatto Napolitano, primo e finora unico presidente rieletto al Quirinale. Lo ha fatto anche nel suo discorso di congedo: senza timore di pronunciare parole di merito (comprese due citazioni di papa Francesco sulla dignità della persona umana come irriducibile “global standard” nel terzo millennio). Dal testo integrale, abbiamo appuntato, a caldo, cinque topics.
La crisi economica: la ripresa in Europa, le «scelte errate» dell’America, l’Italia «assertiva» nella Ue — Da Napolitano, nella sintesi secca di due paragrafi, è giunto un appoggio incondizionato all’azione parallela del presidente della Bce Mario Draghi e del premier Matteo Renzi sul fronte delle politiche anti-crisi, principalmente in sede europea. Il primo sta conducendo la battaglia finale — in seno al consiglio dei 18 governatori dell’euro — per convincere la Germania a condividere una politica monetaria espansiva (quantitative easing). Il presidente della Repubblica italiana, fresco reduce dal summit di massimo livello a Torino fra Italia e Germania, è ben conscio che la radice delle turbolenze economico-finanziarie è riconducibile a «errori» compiuti in America, ma invita (non solo gli italiani) a fidarsi di Draghi quando suggerisce di seguire la politica di stimoli adottata — con risultati visibili — dall’amministrazione Obama. E la fiducia si estende all’«assertività» di Renzi a Bruxelles nel sollecitare — sempre in confronto con Berlino — un «cambiamento» nell’approccio della Ue alla recessione: in chiave evidente di maggior flessibilità nelle politiche fiscali. Un «cambiamento» sostanziale necessario a maggior ragione per contrastare le spinte centrifughe di ogni populismo anti-euro.
Le riforme e le insidie: l’endorsement a Renzi — Quasi racchiuso fra parentesi nel preambolo è tuttavia totale il sostegno di Napolitano al «vasto cantiere di riforme» dello Stato aperto da Renzi. Oltre l’affermazione di principio, è un “compito a casa” cui Napolitano sembra vincolare il suo successore, chiunque sarà. Potrà spiacere a più di qualcuno scorgere una legittimazione ultima del cosiddetto “patto del Nazareno”: a sette giorni dal prossimo summit fra Renzi e Silvio Berlusconi.
Però tant’è: anche leggendo fra le righe del discorso di San Silvestro. L’invito a non tradire mai la “lealtà parlamentare”, anche nel confronto politico più duro, è stato l’ultimo scudo offerto dal Quirinale alla “grande coalizione” Renzi-Berlusconi, stretta fra la “nuova Lega” di Salvini e un grillismo che pare precocemente invecchiato.
Mafia capitale: una società civile per la grande bonifica — Niente dietrologie quando il presidente della Repubblica — soprattutto se si chiama Giorgio Napolitano — insiste sulla lotta per la moralità pubblica. Quando però l’accento è esplicito sull’inchiesta della Procura di Roma sulla corruzione di stampo mafioso, è lecito cogliere un’indicazione: quella a favore di un magistrato, Giuseppe Pignatone, che dalle trincee della Calabria ha portato la battaglia contro la criminalità organizzata, i “mondi di mezzo e di sopra”, dovunque si diffonde il malaffare anti-democratico (e senza fossilizzazioni da “professionismo dell’antimafia”, egualmente antidemocratico).
La scienziata, l’astronauta, «Mrs Pesc»: quel capitale umano (rosa) per una nuova missione nazionale — Non è la prima volta che, il 31 dicembre, Napolitano addita italiane eccellenti per tenere viva l’identità, la «missione nazionale» del Paese. Quest’anno è toccato a Fabiola Gianotti, nuovo direttore del Cern, e a Samantha Cristoforetti, che ha trascorso la notte di Capodanno in orbita nello Space Lab. E anche se non l’ha nominata, Napolitano ha egualmente ricordato che nell’anno appena concluso Federica Mogherini è diventata “ministro degli esteri” dell’Unione europea. Al giornalista è concesso interpretare questi passaggio come un suggerimento a investire questo «capitale umano» tinto di rosa nell’elezione del prossimo presidente della Repubblica (ancora una volta in sintonia con i desiderata del premier Renzi).
La «selvaggia persecuzione dei cristiani» e quel «ponte fra Russia ed Europa» — Un ex dirigente del Pci, presidente di un grande repubblica democratica fondatrice dell’Europa postbellica, ben dentro il XXI secolo mette in relazione la drammatica avanzata del Califfato — dichiaratamente anti-cristiana — con la necessità di non “rompere i ponti” con la Russia, anche nella fase di confronto sulla crisi ucraina. Non c’è bisogno di alcun commento.
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