Un congresso di passaggio. Utile a confermare il ruolo della Fnsi come soggetto imprescindibile di rappresentanza – non solo sindacale – di tutti gli interessi della comunità giornalistica italiana in un momento di crisi senza precedenti. Ma anche un bagno di realismo – altrettanto utile – nelle nuove e più vaste aree del giornalismo “poco tutelato” e delle aziende editoriali che pongono le redazioni di fronte a conti economici premuti dalla recessione in misura ormai non più sostenibile. Paolo Trombin, caposervizio del Tg5, ha partecipato al congresso Fnsi di Chianciano come delegato dell’Associazione della stampa romana. Gli abbiamo chiesto alcune impressioni.
Che voto dai al congresso in termini di elaborazione culturale, professionale, sindacale?
L’esito secondo me è positivo, voto 7. Con l’elezione del segretario Massimo Lo Russo e del presidente Santo della Volpe il congresso ha accolto il risultato della firma del contratto da parte della segreteria uscente di Franco Siddi. A Roma – dove anch’io opero in campo sindacale – la componente di Autonomia e Solidarietà e l’Usigrai hanno fatto una campagna e un referendum contro il contratto ma alla fine hanno accolto i contenuti del documento di maggioranza: il realismo fa parte della dialettica sindacale, dopo un confronto anche aperto, deve prevalere la realtà. L’ultimo contratto difende la categoria in un momento difficile – come ha scritto il direttore della Fnsi Tartaglia – e da questo bisogna ripartire per gestire una situazione drammatica, comune a tutti: chi è giornalista e chi vuole diventarlo; chi lo fa in una situazione stabile, da precario o da free lance.
“Articoli 1 e 2” e “precari”: a Chianciano hai trovato una comunità giornalistica compatta o divisa? Concentrata a sui “tutelati” o aperta a tutti quelli che fanno giornalismo oggi?
Il confronto tra free lance e giornalisti assunti a tempo indeterminato diventa anche contrapposizione di interessi. Il sindacato tenta di ricucire ma non riesce sempre a rappresentare e gestire tutte le situazioni di tensione e conflitto tra garantiti e non. E’ un fatto: ma l’attività sindacale non vive solo di un congresso. E’ un cammino.
Insistiamo: in molte redazioni si stanno aprendo da tempo crepe: vecchi/giovani; tutelati/precari oppure tutelati di seria A e tutelati di serie B….
Nella Fnsi le mediazioni vengono sempre trovate. Lo impone anche il meccanismo della rappresentanza che assegna ai territori un ruolo importante mentre Roma, Milano o altre importanti realtà sono spesso politicamente o culturalmente divise. Il sindacato unico che coltiva un rapporto unitario con Cgil-Cisl-Uil resta la strada migliore per tutelare l’informazione e i giornalisti. Non bisogna approfondire le spaccature tra le confederazioni su temi come l’articolo 18 e la recente riforma del mercato del lavoro. Anche nei mesi scorsi abbiamo rischiato pesanti divisioni.
Tre sindacatini dei giornalisti avrebbero ancora meno peso e sarebbero a rimorchio delle confederazioni maggiori. Essere unici, autonomi e unitari ci consente di elaborare un nostro punto di vista sulla realtà. Caso mai quello che manca è un collegamento con gli altri lavoratori delle comunicazione per gestire insieme le ristrutturazioni. E questo è importante soprattutto nel mondo televisivo dove il modo digitale di produzione abbatte le barriere tra giornalisti e “tecnici”.
La crisi della professione è dovuta alla lunga recessione; al cambiamento tecnologico e commerciale del modello di business (diventato globale) insieme a singoli casi di crisi aziendali importanti a causa degli assetti proprietari o di strategie non più attuali. Qual è il tuo punto di vista?
Parto dall’esperienza che mi trovo a vivere a Mediaset. E’ stato creato un canale All News ,ma – nonostante gli sforzi dei colleghi – i risultati sotto il profilo economico non sono ancora soddisfacenti e ora – giustamente – l’azienda chiede più integrazione sinergica tra All News e le realtà maggiormente consolidate di Tg che da sempre richiamano la maggior domanda di pubblicità. Ma dobbiamo anche ammettere che esistono porzioni del mercato dei media largamente assistite e questo – che ci piaccia o no – è destinato a finire. In questi giorni Mediaset ha chiesto ai giornalisti una riduzione del 10% del costo del lavoro ed è in corso una trattativa con i Cdr del gruppo. La realtà – prima e dopo Chianciano – è questa. E dobbiamo affrontarla.
Al giornalista italiano viene chiesto di costare di meno, di essere più flessibile, di incorporare funzioni produttive un tempo non proprie del “giornalista”….
La categoria punta a resistere ma purtroppo questo atteggiamento non basta. Di fatto quando scattano le ristrutturazioni delle redazioni e le riorganizzazioni delle mansioni bisogna credo stare al gioco e cercare di tenere sempre alta la qualità del lavoro. Al Tg5 questo sforzo è più facile. Capisco il dramma di chi si trova a lavorare in una news-room dove ti viene chiesto di lavorare in fretta, su argomenti diversi abbassando la qualità del tuo lavoro e di conseguenza anche la tua possibilità di ricollocazione futura proprio quando tutto diventa più precario. Al congresso della Fnsi il nuovo presidente della Fieg, Maurizio Costa, ha detto che nelle imprese editoriali serve la qualità e che questa può essere offerta dal giornalismo professionale. Questa disponibilità della Fieg va verificata e colta. Invece oggi alcune espressioni del giornalismo – parlo di infotainment – sono molto criticabili: poche informazioni e tante emozioni. E’ lo spettacolo dell’informazione che fa bene agli ascolti ma non ai giornalisti e all’informazione. Soprattutto la Rai che è servizio pubblico ed è finanziata con il canone dovrebbe abbandonare questa linea. Costringerebbe Mediaset e l’emittenza privata a ripensare al proprio ruolo.
Nel settore crescono esuberi, disoccupazione, cassa integrazione, prepensionamenti. A valle, intanto, le assunzioni sono poche e a condizioni poco favorevoli: da Chianciano escono ricette condivise?
Al congresso forse ero distratto ma non ho colto ricette nuove: ci si prepara a parare i colpi della crisi e questa comunque è una funzione seria e importante. Il sindacato tutela essenzialmente gli assunti e fa quello che può. Precari e free lance si organizzano come possono. Si sta andando verso una crescita del lavoro autonomo. Rappresentanza e tutela degli interessi del giornalismo italiano si reggono oggi sulla filiera Odg-Inpgi-Casagit-Fnsi. Ma in un mercato in crisi e con un esercito di colleghi non garantiti l’unica cosa che potrà resistere è il lavoro (in tutte le sue nuove forme anche a quelle che ci costringeranno le aziende nelle loro ristrutturazioni): anche il sindacato – se vorrà – potrà resistere e contare. Le altre istituzioni temo potranno anche sparire o essere assorbite dalla previdenza e sanità pubblica.
Il governo ha confermato l’attenzione espressa dal decreto Lotti: quali saranno gli sviluppi prevedibili?
Il congresso ha espresso “preoccupazione” (perché doveva imbarcare nella maggioranza chi si era detto opposto al contratto) ma non ha detto di essere contrario alla linea del governo su questo tema. E’ una linea saggia aperta al confronto. Il sottosegretario Lotti ha mandato un telegramma in cui giudica positivamente i risultati su equo compenso e assunzioni incentivate. Ma ora viene il bello perché dobbiamo discutere di riforma dell’editoria e il governo andrà avanti. Modi un po’ spicci – certo – ma utili a dare la sveglia tutti noi.
(Antonio Quaglio)