SPILLO/ Fondazioni politiche nel “grande gioco” Renzi-magistrati
Il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, alza il tiro sulle fondazioni politiche: il rischio di un registro e di poteri di vigilanza sui partiti “2.0”. GIANNI CREDIT

Raffaele Cantone – il super-magistrato chiamato da Matteo Renzi all’Autorità Anticorruzione e candidato al ministero delle Infrastrutture dopo l’abbandono forzato di Maurizio Lupi – ha rialzato il tiro sulle fondazioni politiche e sulla loro trasparenza. “Serve una legge”, ha detto Cantone a Lucia Annunziata rilanciando l’urgenza di affilare le armi a disposizione di tutti coloro che lottano sul fronte della corruzione pubblica.
Nessuno ha mai dubitato della buona fede istituzionale dell’emergentissimo magistrato, cresciuto nelle trincee che hanno difeso la legalità contro i clan casalesi. E nessuno dubita della necessità di tenere alta la guardia dell’opinione pubblica. Ma non è possibile non registrare l’ennesimo “paso doble” di un magistrato, pur titolare di un’authority indipendente. Chiedere “una legge per la trasparenza delle fondazioni politiche”, nel discorso pubblico corrente equivale a criminalizzare indiscriminatamente un pezzo di Paese. Equivale a riecheggiare – pur in maniera più garbata – l’ormai memorabile affermazione di quell’ormai ex magistrato secondo il quale compito dell’ordine giudiziario sarebbe “la correzione degli errori della democrazia”.
È vero che le fondazioni politiche hanno rimpiazzato i partiti ridotti in macerie dall’inchiesta Mani Pulite. Perfino il due volte presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, era e resta riferimento di una fondazione (Mezzogiorno Italia). Che tra le fondazioni di cultura politica si possano registrare illeciti è fisiologico: esattamente come in una Pubblica amministrazione di decine di migliaia di enti o il falso in bilancio in centinaia di migliaia di società per azioni. Se emergono “notitiae criminis”, è giusto e doveroso che i Pm si muovano. E norme sulla trasparenza possono essere opportune: ma dev’essere il Parlamento a deciderlo. E se il punto d’arrivo è un “registro delle fondazioni politiche” tenuto presso l’Anac – magari con poteri pervasivi di vigilanza (contabile e non) – ci permettiamo fin d’ora di essere scettici.
Tanto più che la criminalizzazione preventiva delle fondazioni politiche frenerebbe ulteriormente la riforma civilistica e tributaria delle fondazioni di diritto comune: quella che permetterebbe ai Tim Cook nostrani di destinare alla luce del sole loro patrimoni a finalità sociali.
Con buona pace del dottor Cantone e dei suoi colleghi: che in questi giorni stanno brutalmente negoziando con la politica un congruo risarcimento danni per l'”offesa” della responsabilità civile dei magistrati e sulla stretta in arrivo sull’intercettabilità indiscriminata e virtualmente ricattatoria di tutti gli italiani.
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