NUOVO GOVERNO/ Mattarella punta al 2018 (e anche Gentiloni)
Mattarella ha risolto la crisi di governo: Paolo Gentiloni, Pd, ministro degli Esteri, ha accettato con riserva. Iniziano ora le sue consultazioni per il nuovo esecutivo. ANSELMO DEL DUCA

E adesso chiedete scusa. Alzi la mano chi ha pensato che al Quirinale fosse stato mandato il più mite e inoffensivo dei politici della Prima Repubblica, il serafico “Penna Bianca”, Sergio Mattarella. Mai impressione si rivelò più erronea, perché questa crisi di governo ha mostrato il vero volto del capo dello Stato, timoniere tranquillo e sicuro di una crisi delicatissima.
Il primo a sperimentarlo è stato Matteo Renzi, salito al Colle furibondo dopo la sconfitta elettorale, e costretto a risalire a bordo della barca del suo governo per condurla almeno nel porto dell’approvazione della legge di bilancio. Mattarella si è opposto con tutte le sue forze a lasciare il lavoro a metà, evitando che la nave Italia andasse alla deriva per un moto d’impulso del suo timoniere. E così si è capito che il capitano non si giudica quando il mare è calmo, ma quando intorno le onde cominciano ad alzarsi.
Anche gli altri protagonisti della politica si sono trovati di fronte un presidente che non si aspettavano. Stile agli antipodi rispetto a Napolitano, ma efficacissimo. I tempi impressi alla crisi sono stati rapidi, ma non precipitosi. Consultazioni avviate nel giorno dell’Immacolata, incarico conferito di domenica, ma 26 colloqui con tutti i partiti, anche quelli più minuscoli, affinché nessuno potesse lamentarsi di essere stato escluso. Certo, nello studio alla Vetrata i tempi sono stati talmente rapidi, che qualcuno si è lamentato perché non è stato offerto neppure un caffè. Nessuno però ha potuto lagnarsi di non aver ricevuto attenzione.
Forma e sostanza marciano appaiati, ed evidenziano l’apertura di una fase nuova di un governo che non si può definire “del presidente”, ma quasi. Caduta l’ipotesi che Mattarella avrebbe preferito, cioè quella del Renzi bis, fra i vari nomi sul tappeto quello di Paolo Gentiloni è stato prescelto per il suo profilo internazionale. Fittissima è — del resto — l’agenda, europea e non. Consiglio Ue giovedì, vertice celebrativo dei 50 anni dell’Unione a Roma a fine marzo, e G7 a Taormina a fine maggio. E in mezzo la delicatissima trattativa sul bilancio comunitario.
L’impronta di Mattarella è parsa evidente anche nel riferimento di Gentiloni alla ricostruzione post-terremoto come priorità numero uno sul piano interno, con parole quasi identiche a quelle usate il giorno precedente dal capo dello Stato. Ora, se nella compilazione della lista dei ministri non è lecito ipotizzare alcuna forma di ingerenza da parte del Quirinale, molta della moral suasion di Mattarella si vede nella prudenza che l’incaricato ha mostrato sul terreno della legge elettorale, dove ha annunciato che il governo accompagnerà il lavoro del parlamento, senza entrarvi in prima persona. Un consiglio, più volte sussurrato a Renzi, ma mai tenuto in alcun conto, con gli esiti prevedibilmente disastrosi che si sono evidenziati il 4 dicembre.
Su un altro punto poi Mattarella potrebbe riservare molte sorprese: e cioè sulla durata del governo. Non è un mistero che l’auspicio dell’attuale inquilino del Colle sia che la legislatura arrivi sino alla sua scadenza naturale, nel febbraio 2018. E se l’armonizzazione delle leggi elettorali costituisce un presupposto per poter andare al voto, questo non può essere certo considerato l’unico criterio. Dunque, attendere la Corte costituzionale il 24 gennaio, riscrivere Italicum e Consultellum, poi verificare la situazione. I governi, hanno detto alcuni dei consultati, non nascono con la scadenza, come gli yogurt.
Renzi ha fretta, vuole fare il congresso del Pd fra febbraio e inizio marzo per farsi nuovamente incoronare con le primarie. Le elezioni a giugno rimangono oggi lo scenario più probabile, ma non è detto. Basta che il parlamento si perda nel varo della nuova regolamentazione della legge elettorale, che il voto rischia di scivolare verso l’autunno. E in autunno, si sa, in Italia per le elezioni politiche non si è mai votato in epoca repubblicana. Sarebbe davvero curioso se ciò accadesse con un presidente come Mattarella, che per sua intima convinzione farebbe di tutto per evitare l’eventualità di un esercizio provvisorio del bilancio dello Stato, evento che non si verifica più dal 1987, e che costituirebbe in Europa una figuraccia che l’Italia non può permettersi.
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