DIETRO LE QUINTE/ I calcoli (e gli amici) di Berlusconi per far fuori Salvini

- Antonio Fanna

I movimenti di Maroni, dalla candidatura della Votino alla rubrica sul Foglio, indicano chiaramente che Berlusconi si sta attrezzando per fare a meno di Salvini. ANTONIO FANNA

silvio_berlusconi_zoom10_lapresse_2017 SIlvio Berlusconi pronto a rilanciare per l'ennesima volta Forza Italia - LaPresse

C’è un tam tam che echeggia negli ambienti forzaleghisti, una notizia curiosa che, se confermata, aiuterebbe a chiarire alcuni dubbi sull’alleanza elettorale di centrodestra. Secondo questa voce quelli di Forza Italia sarebbero favorevoli a candidare Isabella Votino che è la storica portavoce di Roberto Maroni. La giovane e bella assistente lo segue fin dai tempi in cui Bobo era al Viminale, ministro sceriffo degli Interni. Lo ha seguito in Regione anche se con qualche alto e basso. Ora che Maroni lascerà Palazzo Lombardia senza candidarsi al Parlamento, la Votino vede davanti a sé una certa incertezza.

Candidare familiari e assistenti è un malvezzo al quale gli elettori hanno fatto il callo. Del resto, dal Porcellum in poi fino al Rosatellum, i listini dei candidati sono bloccati e gli eletti vengono scelti dalle segreterie; dunque c’è poco da fare. Ma la notizia non è che la Votino avrà un posto sicuro alla Camera, ma che la poltrona non gliela dà la Lega, la quale — fino a prova contraria — è ancora il partito di Maroni. No, il seggio per la futura deputata di origine sannita sarà gentilmente messo a disposizione da Forza Italia.

La voce per ora non è stata confermata, ma soprattutto non è stata smentita da nessuno. L’indiscrezione circola da una decina di giorni senza sollevare reazioni, né a favore né contro. Non sarebbe la prima volta che Silvio Berlusconi offre ospitalità alla portavoce di Maroni. Nel gennaio 2012, appena due mesi dopo la caduta del governo di centrodestra sostituito dai tecnici di Mario Monti, la Votino fu presa dal Milan nelle proprie relazioni istituzionali: l’amministratore delegato rossonero Adriano Galliani non volle privarsi delle sue preziose competenze professionali e le affidò il compito di tenere i rapporti con l’Osservatorio delle manifestazioni sportive del Viminale, con questure e prefetture. Un ambiente che la Votino conosceva bene. In più, ha sempre tifato Milan.

La candidatura potrebbe anche non andare in porto: lo sapremo a breve. Ma il semplice fatto che se ne parli significa due cose. La prima è la conferma che i rapporti tra Matteo Salvini e Roberto Maroni stanno a zero. È vero che la Votino, che arrivò a Roma per lavorare con la destra sociale di Gianni Alemanno, non è mai stata simpatica all’entourage di Salvini. Tuttavia la vera questione è che Maroni proprio non tocca palla nella compilazione delle liste leghiste. Il malumore è esploso l’altro giorno con le bordate contro la candidatura di Giulia Bongiorno, avvocato di Giulio Andreotti. Il governatore lombardo uscente a via Bellerio non conta più nulla, basta chiederlo ai consiglieri regionali eletti cinque anni fa con la lista Maroni: oggi sono a caccia di una ricandidatura che con Salvini è impossibile.

La Votino azzurra andrebbe poi a confermare che dietro al ritiro di Maroni dalla competizione elettorale potrebbero celarsi le prime crepe di una futura spaccatura nella Lega. Maroni e la sua pattuglia si terrebbero pronti a sostenere un eventuale governo di larghe intese se il centrodestra a quattro gambe non dovesse conquistare la maggioranza per governare. Il Cavaliere non si risparmia in campagna elettorale ma parallelamente cura con attenzione i rapporti con l’Europa: ha recuperato con Angela Merkel, ha le spalle coperte dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, è stato riabilitato dalla grande stampa continentale e oggi, a sorpresa, avrà un faccia a faccia con Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione Ue, e con altri pezzi grossi del Partito popolare europeo. 

A Bruxelles non possono vedere i 5 Stelle e i populisti alla Salvini, ma non hanno digerito neppure la svolta antieuropeista di Matteo Renzi per rincorrere i grillini. Paolo Gentiloni invece offre buone garanzie. L’ideale sarebbe dunque riproporre a Roma lo schema appena confermato a Berlino, cioè una grande coalizione tra socialdemocratici e popolari (da noi il Pd di Gentiloni e Forza Italia di Berlusconi) più alcune frange di “responsabili” a cementare i numeri in Parlamento. Intanto da domani per la “nuova vita” di Maroni si aprirà un nuovo capitolo: una rubrica quotidiana sul Foglio intitolata “Barbari foglianti”. Non c’è bisogno di sottolineare il richiamo ai “barbari sognanti”, lo slogan con cui Maroni succedette a Umberto Bossi alla guida della Lega (Nord). E che il Foglio è il giornale più favorevole alla riedizione del Nazareno.





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