Le polemiche di questi giorni sulla legge di bilancio riaprono la ferita mai sanata della caduta dell'ultimo governo di Berlusconi nel 2011. Dalla Cina, LAO XI
Le polemiche di questi giorni sulla legge di bilancio riaprono la ferita mai sanata della caduta dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi nel 2011 e del governo di Mario Monti. Monti sapeva cosa bisognava fare in economia ma fu timido politicamente nei suoi primi cento giorni. Perse lo slancio e si arenò contro un’opposizione che dopo un attimo di confusione si riorganizzò e gli sbarrò la strada. Invece M5s e Lega forse non sanno cosa fare in economia, ma conoscono la politica e sanno che per nessun motivo devono perdere l’abbrivio, a costa di far sfasciare tutto, perché senza lo slancio tutto si arena: forse si arena l’Italia, di certo si arenano loro.
Inoltre, al di là di quanto si possa sperare a Roma, l’Italia ha una forza di ricatto politico verso il mondo molto più debole oggi rispetto a sei-sette anni fa. I punti di crisi nel mondo oggi sono di una tale portata che una crisi italiana, piccola o grande, fa poca paura a tutti.
Mentre l’opinione pubblica italiana è concentrata in un conto alla rovescia per le europee, altri pericolosi giri di boa attendono l’Italia e il mondo.
Il primo sono le elezioni di midterm in America, dove il presidente Donald Trump potrà essere promosso o bocciato; nel frattempo sembra comunque esserci un consenso bipartisan per un’accelerazione di tensione tra Cina e Usa. Essa avrà riverberi inevitabili in Europa, la quale in gruppo o come stati singoli sarà chiamata a una scelta di campo.
La Ue poi dovrà affrontare il fantasma pericoloso ed etereo del Brexit a marzo. Nessuno sa come andrà e cosa succederà, ma certo questo nodo è molto più pericoloso di una scossa in Italia, specie se poi combinata con maggiori tensioni globali con la Cina.
Quindi il calcolo politico dei gialloverdi dal loro punto di vista è giusto: un sfondamento contenuto dei parametri di Maastricht, il tentativo di comprare voti con il reddito di cittadinanza come Achille Lauro li comprava coi pacchi di pasta, è nella tradizione. Non è un calcolo economico, ma questo governo è così. La gente non capisce l’economia, i discorsi degli esperti sembra viverli come tentativi di inganno, sia per colpa dell’ignoranza al potere sia a causa dell’arroganza di tanti economisti (ai posteri l’ardua sentenza). Così i richiami ragionevoli a certi calcoli di buon senso in realtà fanno aumentare i consensi.
In questo il ministro Paolo Savona cerca probabilmente di fare il domatore dei leoni, riportare un po’ di ordine dove c’è chi sembra pensare che i soldi dello Stato si trovino come quelli del Monopoli. Senza di lui il governo sarebbe più sensato o meno? Difficile dirlo. Certo, il ministro Giovanni Tria, tanto lodato dai benpensanti, lo ha voluto Savona.
Forse però la questione è ancora un’altra. Il problema è che bisogna portare tutta l’Italia fuori dal pantano. Devono esserci tutti, Berlusconi e Prodi, i 5 Stelle e Forza Italia, Il Pd e la Lega. Ciò per il semplice motivo che gli “italiani che non ci piacciono” non possono svanire per magia o essere sterminati, come tanti odiatori da stadio auspicano. Quindi ci devono essere anche Monti e Savona.
L’idea di stare insieme a chi si odia è cosa orribile per tanti italiani, affezionati ai propri odi più che ai propri affetti, ma oggi con l’Italia così in un mondo così, non c’è altra via.