Proviamo a metterla in termini politicamente corretti, da scuola di giornalismo della costa est Usa: peccano di poca professionalità e di molta ipocrisia i giornalisti che si stracciano le vesti quando il vicepremier italiano Matteo Salvini dubita che il presidente della commissione Ue, Jean-Claude Juncker, sia sobrio a una certa ora della sera. Dovrebbero invece compiere uno scrupoloso fact checking su Juncker e astenersi da ogni moralismo pregiudiziale su Salvini. Solo dopo potrebbero, eventualmente, trattare il vicepremier italiano da “barbaro” e invocare sanzioni legali e politiche. Curioso, comunque, che il presidente uscente della commissione Ue — almeno ad ora — non abbia reagito. Chissà se a renderlo cauto sta contribuendo la recente vicenda del video-leak del botta e risposta fra lo stesso Salvini e il collega Jean Asselborn, lussemburghese come Juncker. Neppure il presidente americano Donald Trump è a prova blindata di leak: figurarsi, in questo tempestoso 2018, l’ex premier granducale imposto dalla Germania a Bruxelles.
Ad alzare l’ennesimo polverone contro Salvini sono peraltro gli stessi giornalisti che hanno carpito e diffuso due breve labiali di Rocco Casalino, portavoce del premier Giuseppe Conte. Hanno preteso di fare il loro mestiere, raccontando “la nuda verità”. Hanno invece travestito la quotidianità dei rapporti fra i giornalisti e i comunicatori: non solo il confronto cinematografico fra il Potere e i suoi “cani da guardia”, ma soprattutto le prosaicissime telefonate fra i giornalisti e i loro editori, o i sodali politici o finanziari dei loro editori. Per non parlare dei rapporti fra i giornalisti e i poteri che dovrebbero istituzionalmente far rispettare la legge — rispondendo del loro operato — e invece violano sistematicamente e irresponsabilmente la legge, diffondendo “labiali” carpiti in interrogatori giudiziari o in intercettazioni più o meno giudiziarie.
Il problema non sono le abitudini personali di questo o quel leader: Churchill conduceva una vita molto meno regolare di Mussolini, ma questo non ha impedito alla Gran Bretagna di vincere la guerra, con gran vantaggio per la libertà in Europa. Il problema non è accertare se Juncker — come in passato il ben più prestigioso Jacques Delors, secondo chiacchiere mai confermate — indulga o no e in che misura (innocente) in qualche bicchiere di Bordeaux o di Cognac. Il problema — lo ha notato Stefano Folli con il consueto sangue freddo — è “il fatto che gli uomini (vedi Juncker) e le istituzioni europei mostrano i segni della decadenza, corrosi da una crisi profonda che va di pari passo con il declino di Angela Merkel e la credibilità incrinata di Macron”.
Può essere un gioco utile sostituire “uomini e istituzioni” con “uomini e media” e aggiungere che in Italia i “media” (privati) e i loro “uomini” stanno chiedendo una fettina del deficit (pubblico) proposto dal governo italiano — e combattuto da Juncker — per sostenere i loro utili e i loro stipendi in nome della “libertà di stampa”. Che sarebbe minacciata — assieme all’intera “democrazia” — solo perché i cittadini-consumatori non comprano più quei “media” per muoversi in quella democrazia. Difficile davvero stabilire chi è più “sobrio”. Bene ha fatto invece il premier Conte a ricordare — conversando con Famiglia Cristiana — che i migliori paladini della democrazia e della libertà di stampa sono i media che “stanno sul mercato” e non hanno bisogno di sussidi pubblici.
Ps: ieri le agenzie hanno lanciato a tre stelle “Moscovici: Italia paese euroscettico e xenofobo”. Sarà curioso vedere come la “nuda cronaca” sarà resa sulle pagine dei media italiani. Non sarà sorprendente se, a un estremo, qualcuno vorrà leggere e scrivere: “Il ministro delle finanze Ue (il commissario Moscovici è stato a lungo candidato reale a un’ipotetica “promozione”, ndr) boccia la manovra Salvini-Di Maio”. All’estremo opposto non sarebbe affatto scorretto leggere e scrivere: “Un politico del centrosinistra francese asfaltato alle presidenziali del 2017 e irrilevante alla vigilia delle europee 2019 insulta l’Italia”. Politici — e giornalisti — sobri cercansi.