IL VETO DI MATTARELLA/ Un no che “aiuta” i padroni stranieri dell’Italia e i populisti
La linea di Paolo Savona avrebbe provocato l’uscita dall’euro: è la motivazione addotta dal Capo dello Stato per dire no al governo Conte. I dubbi del costituzionalista. MARIO ESPOSITO

Salta l’esecutivo giallo-verde e il voto si avvicina. La linea difesa da Paolo Savona (e dunque dalla Lega) avrebbe provocato la furiuscita dell’Italia dall’euro: questa, in sintesi, la motivazione addotta dal Capo dello Stato per dire no al governo di Di Maio e Salvini. Una decisione, elettoralmente parlando, destinata ad incrementare ancor più il consenso delle forze cosiddette “populiste”. Mario Esposito, docente di diritto costituzionale nell’Università di Lecce, mette in evidenza tutti i punti critici di una posizione — quella di Mattarella — che divide e fa discutere.
Professore, ammesso e non concesso che Savona all’Economia avrebbe rappresentato un pericolo, difendere l’euro equivale a difendere la Costituzione?
In primo luogo è inammissibile che un singolo ministro possa determinare la politica generale del Governo. A ciò si oppongono il principio di collegialità dell’esecutivo, il potere di direzione e coordinamento del presidente del Consiglio e soprattutto l’attività legislativa e di controllo del Parlamento. Riferire dunque ad un solo ministro conseguenze reputate genericamente disastrose, lascia francamente perplessi.
E per quanto riguarda la difesa della Costituzione?
Si tratta di un valore che implica anche e innanzitutto la salvaguardia delle effettive condizioni di parità con gli altri Stati membri dell’Unione, secondo quando dispone l’articolo 11 della nostra Carta.
A lei risulta che ci sia un regime paritario?
No, appunto. Infatti è largamente diffusa non solo in Italia, ma anche in altri Stati dell’Ue l’opinione dell’attuale inadeguatezza della vigente normativa eurounitaria ed è manifesta l’esigenza di procedere ad una rinegoziazione.
Le chiedo di nuovo: difendere l’euro e difendere la nostra Costituzione?
No, è una petizione di principio.
Il presidente della Repubblica ha detto di svolgere un ruolo di garanzia ritenuto in contraddizione con l’imposizione del professor Savona. Come commenta?
Non ravviso gli estremi dell’imposizione nella proposta di nomina di un ministro. Il Presidente della Repubblica può svolgere uno scrutinio sul possesso di requisiti costituzionalmente richiesti per l’esercizio della funzione, mentre sul piano dell’opportunità può soltanto esercitare moral suasion.
Altrimenti?
Altrimenti si rischia di determinare un’ingerenza del Capo dello Stato nell’indirizzo politico di maggioranza, che esula dalle sue attribuzioni dato che il suo compito è quello di concorrere all’indirizzo politico costituzionale.
Mattarella ha detto di non potersi assumere, dovendone firmare il decreto di nomina, la “responsabilità istituzionale” di un ministero come quello proposto a Savona.
Il decreto di nomina del ministro non impegna la responsabilità del Quirinale, dal momento che, per espresso dettato costituzionale, essa incombe sul proponente, che a questo fine controfirma l’atto.
Lega e M5s hanno preteso che il presidente della Repubblica ratificasse la loro decisione. Non si sono spinti troppo avanti?
No. Siamo del tutto al di fuori di ogni logica di ratifica, che in una forma di governo parlamentare non ha spazio di applicazione. Si tratta invece di una proposta che, secondo quanto ho accennato, impegna esclusivamente la responsabilità del presidente del Consiglio dei ministri proponente.
Come giudica il breve messaggio di Giuseppe Conte?
Conte ha sottolineato, nella sua breve comunicazione, di aver adempiuto all’incarico, presentando le proposte di nomina dei ministri dopo aver registrato il convergere dei consensi della Lega e del Movimento 5 Stelle.
E allora?
Nella comunicazione del Capo dello Stato sono venuti per la prima volta in rilievo i termini e le ragioni della divergenza.
Ma che Mattarella non volesse Savona era chiaro a tutti.
Il punto è proprio questo: anche a voler ammettere che ci fosse un qualche presupposto a legittimazione del diniego, l’atto negativo avrebbe dovuto essere, in quanto difforme dalla proposta, approfonditamente motivato e come tale reso pubblico, ma così non è stato, dato che le dichiarazioni rese dopo la remissione dell’incarico da parte di Conte non sembrano affatto sufficienti.
Il presidente della Repubblica, non nominando un ministro pericoloso per la stabilità italiana, ha detto di avere tutelato i risparmiatori e perciò la Costituzione. Come commenta?
Si tratta di un’affermazione che sfuma nella genericità e non si presta pertanto a specifico commento. Valgono comunque le considerazioni che ho espresso prima, rispondendo alla prima domanda.
Si parla di crisi istituzionale senza precedenti. A che cosa siamo davanti?
A comportamenti e a fatti istituzionali che esigono un’attenta analisi anche sul piano formale e nell’ambito della valutazione dell’evoluzione della forma di governo.
Cosa significa?
Il nostro assetto statuale complessivo ha subito già da tempo modifiche molto profonde, ma questo è avvenuto al di fuori dei meccanismi di revisione costituzionale. Non è stato così per altri Stati, e questo ha consentito loro di “razionalizzare” gli snodi dei rapporti con l’Unione Europea. Tutto questo, comunque, non giustifica forme di pressione di singoli Stati membri sulle vicende costituzionali interne degli altri, né prese di posizione di singoli componenti degli organi europei.
Perché dice questo?
Il moltiplicarsi di queste ingerenze indebite porta al ragionevole sospetto che esse siano indirizzate non ad assecondare il consolidamento della Ue, ma piuttosto a rafforzare la sua attuale tendenza a degenerare in una aggregazione egemonizzata da alcuni Paesi e da alcune strutture di potere.
(Federico Ferraù)
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