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Home » Politica » SCENARIO/ Di Maio e Salvini preparano l’arrivo della troika

  • Politica

SCENARIO/ Di Maio e Salvini preparano l’arrivo della troika

L’accordo fra Tria, Salvini e Di Maio sul risarcimento ai risparmiatori truffati è stato raggiunto e sarà oggi in Cdm. Ma il governo è destinato ad avvitarsi

Int. Mario Sechi
Pubblicato 4 Aprile 2019 - Aggiornato 5 Aprile 2019 ore 23:46
Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini (LaPresse)

Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini (LaPresse)

L’accordo fra Tria, Salvini e Di Maio sul risarcimento ai risparmiatori truffati è stato raggiunto e oggi sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Sembra dunque alleggerirsi la posizione del ministro dell’Economia, sottoposto negli ultimi giorni ad una pressione crescente da parte di M5s e Lega. “Tria ha ceduto – commenta Mario Sechi, ideatore e direttore di List – e non poteva essere diversamente”. Ma il caso Tria rimane lo specchio delle difficoltà del governo, che secondo Sechi è destinato ad avvitarsi, in una prospettiva non lontana da quella della Brexit.


DIETRO LE QUINTE/ Le accuse a Tria nascondono la vera partita di Conte e Di Maio


Perché Tria è rimasto solo?

Molto è cambiato dall’estate scorsa. Savona non c’è più. L’ex ministro mediava tra Salvini, Di Maio e Tria quando le cose non andavano bene. In più Tria è un tecnico, non un politico. Non ha dietro di sé un partito. E come tutti i tecnici dà molto ascolto alla burocrazia ministeriale. Al Mef sono bravissimi a far di conto, ma con la crescita zero sono guai per tutti.


DIETRO LE QUINTE/ In arrivo la svolta europeista del governo


Dietro le schermaglie e le tensioni che cosa sta succedendo?

Il punto è che il Colle pretende da Tria che i conti pubblici siano a posto, mentre Salvini e Di Maio, nei fatti, gli chiedono ancora di aprire i cordoni della borsa. Tria dal canto suo sa bene che il debito pubblico va verso i 2.400 miliardi, che la crescita è zero, e soprattutto che siamo agganciati al treno della Germania. E che quel treno si è fermato.

Dovrebbero averlo capito anche Salvini, Di Maio e Conte.

Lo sanno benissimo, ma non gliene importa assolutamente nulla. Sono rimasti fermi allo scenario di giugno.

Com’è possibile?

Pensano che la crescita data da reddito di cittadinanza e Quota 100 sia sottostimata e che nel secondo semestre arriverà, permettendo al paese di superare l’anno. Non sono i soli. Lo dicono anche alcuni osservatori istituzionali, come l’Ufficio parlamentare di bilancio.

E invece?

Tutto questo si scontra con la realtà. Di Maio e Salvini non hanno idea di cosa li attende, ma Tria sì. Solo che da ministro dell’Economia dovrebbe non solo fare il guardiano dei conti, ma anche trovare delle soluzioni di politica economica che invece non si vedono. Tuttavia non può essere rimosso.

E nemmeno i due vicepremier vogliono farlo cadere.

No, perché sanno bene che se cacciano Tria avrebbero un duro contraccolpo sui mercati, senza avere un altro da mettere al suo posto. Soprattutto in queste condizioni penose.

Non è chiaro se le misure della manovra economica sono state concepite sapendo di andare incontro alla recessione oppure no.

A giugno era evidente che ci sarebbe stato un rallentamento dell’economia, ma M5s e Lega contavano di compensarlo con la crescita indotta dal reddito. La sorpresa è stata la brusca frenata della Germania, anche se il mercato dell’auto parlava chiaro. Savona li aveva avvertiti: servono investimenti pubblici. Non avendoli fatti, si sono messi in trappola con le loro mani.

Durante la scrittura della manovra siamo rimasti tutti sorpresi dall’acquiescenza di Salvini. E degli economisti che gli stanno intorno.

Sono tutti teorici della rottura, ma la rottura oggi non è possibile: vediamo bene cosa vuol dire per la Gran Bretagna uscire dall’Unione. Figurarsi uscire dall’eurozona.

In questa situazione al 26 maggio come ci arriviamo?

Il problema è dopo. Mettiamo che non ci sia alcuna ripresa nel secondo semestre e che i due partiti pretendano di continuare a spendere. Ci sono stime che attestano la crescita a -0,5%.

Anche la Lega comincerebbe a perdere voti?

Forse. Sicuramente non perderebbe punti il tasso di interesse sul nostro debito pubblico. Proprio quello che ucciderà questo governo, se Salvini e Di Maio non corrono ai ripari.

Che cosa rischiamo?

Di farci commissariare dal prossimo governo europeo. Anche perché tutte le previsioni di un ribaltone politico nel prossimo parlamento per ora non tengono. È più probabile che ci sarà uno stallo, ma nemmeno questo aiuterà M5s e Lega. E quella del debito è solo la prima di una serie di trappole.

Le altre?

La seconda è quella dell’Unione Europea, con la sua architettura, i suoi trattati e le sue regole di funzionamento.

La terza?

È quella del paradosso “sovranista”. Ipotizziamo che stravincano i partiti cosiddetti sovranisti. AfD in Germania, Vox in Spagna, Le Pen in Francia sarebbero d’accordo su un allentamento del rigore per fare un favore all’Italia? Secondo me no. L’internazionale sovranista non esiste: esiste il suo obiettivo, abbattere l’attuale governance di Bruxelles, ma un minuto dopo la vittoria, con queste regole europee, quei partiti attuerebbero politiche a forte, fortissimo interesse nazionale. Più di quanto avviene oggi.

Che soluzioni abbiamo?

Non ce ne sono. L’unica è che da giugno l’economia riparta, ma sarebbe un miracolo, e come diceva Cossiga i miracoli sono oggetto di fede. Diversamente il governo è destinato ad avvitarsi.

Scenari politici alternativi?

Non ne vedo. Questa è la trappola dell’opposizione: non c’è uno schema alternativo e di certo non viene dal Pd. M5s e Lega sono costretti ad andare avanti per necessità, come un’auto senza freni che spera di azzeccare tutte le curve.

Secondo Il Foglio, Draghi avrebbe frenato Salvini, scongiurandolo di non andare al voto anticipato.

Che Draghi faccia una telefonata del genere mi pare fantascienza. Salvini non può far saltare il banco, soprattutto adesso, ma non perché glielo chiede qualcun altro, ma perché ha fatto i conti e sa quello che vuol dire. È lui che ha governato finora, è lui l’azionista forte del governo, è lui che ha avvallato questa politica. E sa che gli italiani lo sanno.

L’errore più grande?

Se mettiamo da parte la rinuncia agli investimenti e il reddito di cittadinanza, confermare gli 80 euro è stato uno sbaglio clamoroso, imperdonabile. Adesso il governo avrebbe in tasca 10 miliardi in più.

Allora la vera trappola è lo stesso Movimento 5 Stelle.

Certo. Ma non è tutto. L’abilissimo Juncker sta adottando con l’Italia la stessa strategia usata con il Regno Unito, quella di un possibilismo permissivo, apparentemente compiacente ma canalizzato nelle regole, fatto apposta per portare l’interlocutore al dunque. Ma il dunque è un vicolo cieco, come dimostra quello che vediamo al parlamento di Londra.

Abbiamo finito?

No, c’è anche la trappola cinese. Dobbiamo sperare che Trump e Xi facciano l’accordo sul commercio mondiale. Altrimenti l’Italia rischia di aver bisogno dell’ombrello occidentale e di trovarlo chiuso. A quel punto ci resterebbe solo l’ombrello di uno Stato totalitario.

(Federico Ferraù)


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