Il caso di Libero Milone e le accuse al Vaticano di aver modificato transazioni SWIFT commettendo riciclaggio: la replica della Santa Sede che smentisce
IL CASO MILONE PUÒ PORTARE IL VATICANO NUOVAMENTE SOTTO ACCUSA: COS’È SUCCESSO E DI COSA SI TRATTA
Il prossimo settembre, oltre all’avvio probabile del processo d’appello sul caso Becciu, in Vaticano si attende la presentazione dell’eventuale ricorso dell’ex Revisore generale dei conti della Santa Sede, quel Libero Milone condannato da due sentenze civili contro la sua richiesta di ricevimento danni (per il licenziamento del giugno 2017).
Secondo la rivista “Politico”, ora il Vaticano sarebbe accusato di aver utilizzato una chiave passepartout per il riciclaggio di denaro, manipolando così in maniera illegale i trasferimenti bancari via sistema SWIFT: tali accuse proverrebbero proprio dalle carte di Milone, il quale appena due settimane fa in conferenza stampa ha sottolineato di aver trovato e segnalato 30 irregolarità. Dal Cardinale Pell al cardinale Becciu, passando per i vari guai finanziari dello IOR (oggi risanato e con conti in regola) che prima Benedetto XVI e poi Papa Francesco hanno tentato di sistemare invocando trasparenza e pulizia.

Il caso Milone però rischia di rimettere nuovamente al centro eventuali prassi illecite di chi gestiva i conti all’interno della Santa Sede: in sostanza, come riporta “Politico”, l’ex revisore (un laico con un passato incarico di rilievo per Deloitte) avrebbe le prove che la sua agenzia vaticana per gli stipendi poteva modificare numeri di conto e nomi anche una volta già effettuate le transazioni. In questo modo si sarebbero mascherati i mittenti e gli stessi destinatari, con potenziale evasione e riciclaggio di denaro, contro le leggi antifrode per trasferire fondi a clienti privati senza rivelarne l’identità.
In termini pratici, ad oggi, tanto il Vaticano quanto fonti dirette dell’agenzia SWIFT (che manovra i trasferimenti bancari internazionali) a “Politico” sottolineano come le accuse mosse contro la Santa Sede siano «tecnicamente impossibili». Di contro però, il passato di continui movimenti “torbidi” dei conti in Vaticano starebbe tenendo i riflettori delle procure accese e da qui il dossier Milone che potrebbe nuovamente tornare a minare la base finanziaria di uno Stato che con Papa Leone XIV si è nuovamente impegnato a rivoluzionare verso la trasparenza la complessa macchina economica.
QUALI SONO LE ACCUSE DI MILONE SULL’APSA
L’ex revisore Libero Milone – nominato da Papa Francesco nel 2015 per porre un argine agli scandali e negligenze delle finanze in Vaticano – è stato costretto a dimettersi nel 2017 perché considerato una sorta di spia che rivelava e gettava fango sulla Santa Sede: lui invece sostiene di essere stato espulso per il fatto che aveva individuato alcune presunte irregolarità legate all’ex membro della Segreteria di Stato, il Card. Becciu, condannato poi per appropriazione indebita proprio per l’uso dei fondi del Vaticano.
Le accuse però di Milone sull’utilizzo di metodi tecnologici per modificare gli IBAN nei vari trasferimenti del sistema SWIFT sono giunti solo lo scorso mese, dopo che si è visto nuovamente respingere la causa di risarcimento per il licenziamento ingiusto (con il Vaticano invece che sosteneva stesse indagando illecitamente su alcuni prelati, ndr). Tramite anche alcuni materiali messi online dal sito cattolico The Pillar, emergerebbe come Milone avesse realmente scoperto il metodo della “chiave universale” per poter riciclare denaro dopo le transazioni.
È evidente che se tutto ciò fosse dimostrato si aprirebbe un enorme scandalo finanziario sulla Santa Sede, da qui le dovuti ricerche e indagini starebbero cercando di appurare se ciò che sostiene Milone sia veritiero: nella conferenza stampa dove ha annunciato il ricorso in Cassazione entro settembre 2025, Milone stesso ha spiegato di non essere una spia e di aver solamente fatto il suo lavoro da revisore segnalando le irregolarità al Promotore di Giustizia in Vaticano, «ma nessun procedimento è stato mai avviato».
LA REPLICA DEL VATICANO A “POLITICO”: “ACCUSE INFONDATE, ECCO PERCHÈ”
In merito ai sospetti avanzati da Milone sull’APSA (L’Amministrazione del Patrimonio in Vaticano), è però la Santa Sede a rispondere a tono tanto all’ex revisore (con una nota sul “Corriere della Sera”), quanto alla rivista americana “Politico”, sottolineando che in primis APSA non ha utenti e clienti “privati”, ma gestisce solamente istituzioni curiali e associazioni, per di più è sottoposta ogni anno ad un processo di revisione del bilancio. In particolare sulle accuse di modificare le transazioni SWIFT, il Vaticano sottolinea che tali processi non possono essere alterabili in quanto sono procedure standard internazionali, e che l’utilizzo dell’APSA di tale strumento «avviene tramite provider certificati da SWIFT stessa».
Con una lunga nota rilasciata poi a “Politico” il Vaticano aggiunge una risposta alla dichiarazione di Milone che sostiene di avere le prove che quelle transazioni si possono modificare (anche se ha aggiunto di non voler ricattare nessuno, ma solo di poter spiegare a Papa Leone XIV dove poter migliorare la gestione finanziaria della Santa Sede): «accuse inondante completamente», sottolinea il direttore della Sala Stampa in Vaticano Matteo Bruni, negando poi le eventuali irregolarità anche visto il peculiare controllo che ogni anno è sottoposto su APSA. Per Milone non è chiaro come possa funzionare un’eventuale pratica illecita su SWIFT, ma di avere le carte che costano come le transazioni erano state modificate.
