La Norvegia ha richiamato in servizio come ministro delle Finanze Jens Stoltenberg, suo ex primo ministro e poi per dieci anni segretario generale della Nato. Negli ultimi tre anni, fino al luglio scorso, il laburista scandinavo è stato l’uomo che ogni giorno ha avuto il compito di incitare l’Occidente alla “guerra fino alla vittoria finale” a fianco dell’Ucraina contro la Russia di Vladimir Putin. È stato il falco che ha incalzato i governi della Ue (di cui la Norvegia non fa parte) a rispettare gli impegni sugli aiuti militari a Kiev e sullo spostamento accelerato verso il riarmo delle risorse fiscali destinate al welfare o alla transizione verde.
Nel frattempo Oslo – grande produttore globale di energie fossili – ha realizzato utili straordinari (stimati in molte decine di miliardi) generati dalle sanzioni all’import di gas russo che l’Occidente si è autoimposto. Lungi dallo studiare minime misure di solidarietà per i Paesi europei che “resistevano” alla Russia sopportando l’inflazione energetica, il fondo sovrano statale Norges ha pensato perfino di dirottare l’investimento di quei sovraprofitti sull’America di Joe Biden, il Commander in chief dell’Occidente guerrafondaio.
Stoltenberg – prorogato ad personam da Biden al vertice del Patto atlantico per i tre anni della guerra russo-ucraina – è stato ora ripescato a Oslo per una nuova “operazione speciale”: difendere la Norvegia dalla nuova America di Donald Trump. “Resistere” al presidente che sta preparando la fine immediata della guerra fra Russia e Ucraina. Un leader che ha comunque subito dichiarato l’estremità artica dell’emisfero settentrionale (quello occupato anche da Paesi come la Norvegia e la Danimarca) nuovo fronte di guerra fredda fra Occidente, Russia e Cina. Però la nuova difesa dell’America – e dei Paesi occidentali che vorranno seguirlo – la vuole decidere lui a Washington, senza l’intermediazione centimiliardaria dei “civilissimi” dem norvegesi o il colonialismo da operetta dei cugini dem danesi in Groenlandia.
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