Nel giorno in cui la sinistra fallisce il quorum al referendum, Israele blocca Freedom Flotilla davanti a Gaza. È un nuovo (diverso) 2019
Nel giorno in cui la sinistra italiana fallisce l’obiettivo del quorum al referendum, Israele blocca con la forza Freedom Flotilla davanti a Gaza. Greta Thunberg verrà subito rimpatriata: come la “capitana” Carola Rackete, che però nel 2019 sbarcò a Lampedusa non prima di aver speronato lei una motovedetta italiana.
E tornò subito libera in Germania fra gli applausi dei magistrati italiani, già pronti a incriminare il vicepremier Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno in carica aveva dato lo stesso ordine impartito ieri dal governo di Gerusalemme: proteggere i confini marittimi nazionali (nel Canale di Sicilia erano anche i confini esterni europei).
La sinistra italiana che allora si spellò le mani per la “capitana Carola” è la stessa che sabato ha manifestato contro Benjamin Netanyahu, camuffando l’ultimo comizio pro-referendum, in violazione del silenzio elettorale.
Ma nell’estate 2019 la medesima sinistra la vedeva all’opposto su Israele e dintorni. La senatrice a vita Liliana Segre puntò il dito contro Salvini, costretto alle dimissioni dal “ribaltone” supervisionato dal Quirinale dopo il successo della Lega al voto europeo.
Il leader leghista era in netta sintonia con Israele e l’Ucei nel contrasto all’antisemitismo. Ma contro di lui – all’indomani di un’ennesima affermazione elettorale locale della Lega – la sinistra sequestrò la lotta all’odio antisemita, impugnando la commissione Segre come arma politica.
Sei anni dopo, venerdì scorso, Segre ha dovuto limitarsi a inviare i figli a un evento pacifista ad Arezzo, alla presenza del presidente Mattarella. Troppo alto il rischio di contestazioni alla reduce da Auschwitz da parte di una sinistra riscopertasi nel frattempo geneticamente anti-sionista, incurante del rischio-antisemitismo.
Nell’estate 2019 il ribaltone stesso – narrato come svolta “antifascista” – nei fatti rappresentò un rovesciamento reazionario degli esiti elettorali del 2018 in Italia e del 2019 in Europa (un precedente meno clamoroso ma più efficace di quanto tentato senza successo in Francia da Macron l’anno scorso).
Il miraggio del “campo largo” (del “fronte repubblicano” italiano contro l’avanzata elettorale delle destre moderate e conservatrici) è nato allora. Ed è morto intanto già due volte: alle politiche del 2022 e alle europee 2024. La sconfitta – civile prima che politica – del referendum rancoroso contro il Jobs Act (unico lascito della sinistra riformista) è stato solo l’ultimo “reality check”, l’ultimo capolinea di una lunga stagione iniziata con il ribaltone originario: quello dell’estate 2011.
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