“Proprio sicuri?”: la prima pagina di Avvenire, ieri, ha sfidato il proverbiale divieto di punto interrogativo in un titolo giornalistico, ma ha certamente reso esclamativa la polemica dei vescovi italiani con l’Unione Europea. Quella che ha stilato una lista di Paesi da cui un migrante non può partire avendo la speranza di poter sbarcare in Europa – in Italia – con le credenziali del rifugiato.
Ovvio che ad Avvenire non sia piaciuto, anche perché ha segnalato una sintonia fra Bruxelles e Roma sul dossier-migrazioni (controcorrente anche rispetto alle mosse recenti delle autorità giudiziarie comunitarie).
In via altrettanto naturale, è difficile per un cattolico mettere in discussione la pastorale dell’accoglienza “senza se e senza ma” predicata e praticata ogni giorno dalla Chiesa, in Italia e in Europa. Ed è un modo di essere, quello dei cattolici italiani e dei loro vescovi, che ha diritto pieno di rispetto e cittadinanza: anche quando interviene nel confronto politico interno e internazionale.
Ciò che sembra meritare un’annotazione riguarda un particolare “qui e ora” della dialettica fra il cattolicesimo italiano e “l’Europa”: quella posta fra virgolette politico-mediatiche un mese fa dal girotondo promosso da Repubblica in opposizione alla maggioranza di destra-centro.
L’adunata chiamata da Michele Serra a Roma ha invocato l’Europa come santa taumaturga di uno spirito del tempo narrato come minacciato dal neo-trumpismo globale. Sul palco di Piazza del Popolo – ufficialmente laica in nome del Manifesto di Ventotene – si è sbracciato un solo leader cattolico (erano assenti i cattodem matterelliani e prodiani favorevoli all’euro-riarmo). È stato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, fra l’altro ex ministro del governo Monti, il più tecno-europeista che l’Italia repubblicana abbia mai avuto.
Sono passati quattro sabati e il quotidiano della Cei – guidata dal cardinale Matteo Zuppi, animatore storico di Sant’Egidio – si è ritrovato a dover cannoneggiare la stessa Europa. Ha dovuto criticare la commissione Ue presieduta da Ursula von der Leyen, peraltro una cristiano-democratica tedesca che guarda realisticamente alle scelte del governo italiano nel tentativo di ricostruire politiche di gestione delle ondate migratorie. Perché del perdurare di un estremismo ideologico continua a beneficiare l’opposto estremismo: in Germania quello di AfD, quello sì veramente anti-europeo.
È chiaramente trascorso molto tempo da quando Carola Rackete – oggi parlamentare europea per Die Linke, partito comunista post-sovietico – calò appositamente dalla Germania nel canale di Sicilia per pilotare una nave Ong carica di migranti nello speronamento di una motovedetta militare italiana nel porto di Lampedusa. Se ne tornò subito libera in patria (in Europa) mentre il vicepremier italiano in carica allora – Matteo Salvini, che aveva ordinato l’alt alla Sea Watch 3 ai confini esterni Ue – ha dovuto affrontare in casa sua prima l’euro-ribaltone di governo in Italia e poi una lunga serie di procedimenti giudiziari (ultimamente anche pretese di risarcimento danni da parte di migranti, peraltro sbarcati in Italia).
Oggi il leader leghista è di nuovo vicepremier e sta chiedendo di poter tornare agli Interni, come nel 2019. Riccardi invece – fra un interrogativo europeo e un esclamativo italiano – ha fallito finora in ogni tentativo di resuscitare Scelta Civica, la fugace reincarnazione trasformistico-elettorale di un governo “del Presidente (dem)”.
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