«Sostenibilità, digitalizzazione, formazione… Tutto bellissimo, tutto necessario. Ma nella rotta dell’industria del turismo, verso una completa ripresa, oggi bisogna inserire al primo punto un altro fattore: il capitale umano. Quello che c’è, e quello che purtroppo manca, e senza il quale tutto il resto diventa letteratura».
Lo sostiene Massimiliano Schiavon (quattro hotel a Jesolo e uno a Venezia, sotto la sigla MJHotels), presidente di Federalberghi Veneto, associazione che rappresenta circa 2.500 aziende su un totale di tremila, una delle più importanti componenti regionali del sistema Federalberghi nazionale, che associa 33 mila strutture, per lo più (80%) a conduzione familiare.
Si riferisce a quei 350 mila addetti che si cercano e non si trovano, presidente?
Sì, certo, ma non solo. Dopo due anni di stop, la riaccensione dei motori è stata, è, faticosa, al pari di un maratoneta fermo da tempo e che si rimette in marcia. Ma non c’è tempo per scaldarli, quei motori, visto che la pressione del mercato è, fortunatamente, grande: le prenotazioni degli italiani, ma anche degli stranieri (tedeschi e austriaci in testa) sono arrivate a pioggia, saturando i calendari, le stanze, i ristoranti. Con una percepibile novità: una nuova attenzione alla qualità dei servizi erogati. Ma qui mancano tre addetti su 10, e cominciano i guai…
Che tipo di guai?
Perché proprio la mancanza di personale impatta sulla qualità. I servizi ridotti, le lunghe attese, perfino menù “snelliti” ai ristoranti, costretti a turnazioni inedite, non sono davvero un bel biglietto da visita. Non è un problema solo nostro, italiano: anche a pochi chilometri dai nostri confini orientali, come in Croazia, e poi via via fino in Grecia, si riscontrano ovunque situazioni analoghe. Io temo che alla fine della stagione, a settembre, avremo una fotografia nitida quando sulla base dei feedback dei turisti si valuterà il ranking della destinazione: si potranno avere sorprese spiacevoli.
Come pensa si dovrebbe intervenire?
Come dicevo prima, intervenendo sul capitale umano. Su quello di cui disponiamo già, coinvolgendolo di più nelle dinamiche d’impresa, con più rispetto e magari con una compartecipazione, una premialità legata al raggiungimento degli obiettivi. Ma anche con una nuova attenzione ai tempi, quelli lavorativi e quelli del dopolavoro dei collaboratori, fornendo loro soluzioni di alloggi decorosi, con spazi sociali e servizi adeguati. E intervenendo sulla proposta per il capitale umano nuovo, in ingresso, con un contratto nazionale di lavoro finalmente rivisto, che garantisca maggiore flessibilità e modelli incentivanti. Il settore dell’ospitalità, in Italia, è fatto per la maggior parte da imprese medio-piccole, poco use a contrattazioni di secondo livello. E quindi proprio le premialità e le condivisioni andrebbero contemplate nei CCNL. È un intero modello aziendale da rivedere. Ma tutto questo potrebbe costruire quel nuovo appeal di settore, che oggi evidentemente è venuto meno.
Il ministro al Turismo Massimo Garavaglia punta il dito anche contro il Reddito di cittadinanza, sostiene una revisione, con allargamento, del decreto flussi, e propone la cumulabilità al 50% del Reddito di cittadinanza a fronte di un contratto stagionale.
È chiaro che il Reddito di cittadinanza, da solo, non motiva la situazione. Ed è altrettanto evidente che serva mettere mano in fretta al decreto flussi, garantendo la dignità ai lavoratori stranieri, venendo incontro alla loro volontà di emancipazione sociale. Va detto che i contratti, da noi, non prevedono retribuzioni indecorose: parliamo di circa 1.600 euro al mese. C’è la richiesta del secondo giorno di riposo settimanale? Con la scarsità di collaboratori è difficile, ma se ne può parlare. Insomma, vanno costruite strade che congiungano la domanda con l’offerta, in un equilibrio che non svilisca le attese dei lavoratori e che garantisca la vita dell’impresa.
Tiziano Barone e Letizia Bertazzon, rispettivamente direttore e analista di Veneto Lavoro, sostengono che nel mercato del lavoro “non si può essere attrattivi e non si può essere oggetto di attrazione se non in presenza di garanzie minime sulle quali fondare un percorso di crescita e investimento reciproco potenzialmente destinato a durare nel tempo”.
Non potrei essere più d’accordo. L’investimento nel capitale umano deve passare attraverso il riconoscimento delle competenze e il rispetto dell’individuo, la formazione, l’aiuto alla crescita. Perché sono assolutamente convinto che il coinvolgimento del capitale umano nella cultura dell’impresa serva a costruire migliori risultati, più qualità, più soddisfazione per tutti.
(Alberto Beggiolini)
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