Un punto dirimente della prossima riforma della giustizia del Ministro Cartabia è stato ribadito ieri dalla Corte Costituzionale: «Prescrizione, è incostituzionale la sospensione in caso di rinvio del processo per motivi organizzativi legati all’emergenza Covid». In parole povere, con questa sentenza la Consulta arriva a “decostruire” dalle fondamenta la riforma del Ministro Bonafede sulla prescrizione: con una decisione finale che stabilisce l’incostituzionalità della sospensione prevista dal comma 9 dell’articolo 83 del decreto “Cura Italia” (Governo Conte-2), i giudici della Corte ribadiscono due principali fondamentali che andrebbero in contrasto con la volontà del M5s di porre fine alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
«La necessità di predeterminare per legge il termine entro il quale sarà possibile l’accertamento nel processo, con carattere di definitività, della responsabilità penale, da un lato, ma viene anche ribadito l’obbligo di calcolare il tempo della prescrizione in termini di ragionevolezza e proporzionalità». Con la legge 3/2019, la famosa “norma Bonafede”, quei principi vengono meno dato che la sospensione non viene predeterminata ma dipende dalla durata dei processi, che non può essere calcolata in anticipo.
RIFORMA GIUSTIZIA: ORA COSA SUCCEDE?
L’articolo 83 del decreto “Cura Italia” è stato valutato in contrasto con il principio di legalità, vista «la “libertà” con la quale il capo dell’ufficio giudiziario può adottare un provvedimento di rinvio dell’udienza penale per contrastare l’emergenza Covid». La Corte costituzionale con la sentenza del 25 maggio, motivazioni depositate ieri 6 luglio, ha nei fatti censurato la norma, accogliendo la questione sollevata dal Tribunale di Roma: nella sentenza si è confermata l’insufficiente determinatezza della fattispecie legale dalla quale consegue la sospensione dei termini di prescrizione dal 12 maggio al 30 giugno 2020. Come spiegano gli stessi giudici nella decisione finale, una persona accusata di un reato deve poter conoscere fin dall’inizio della commissione del fatto, quale sia la fattispecie contestata, la pena ad essa collegata e le modalità della sua espiazione, ma anche la durata della prescrizione. Come annota “il Dubbio”, la garanzia della natura sostanziale della sospensione «si estende anche alle possibili ricadute che sulla sua durata possono avere norme processuali». È necessario dunque predeterminare per legge «il termine entro il quale sarà possibile l’accertamento nel processo, con carattere di definitività, della responsabilità penale», chiariscono alla Corte. In conclusione, per i giudici si tratta di «un radicale deficit di determinatezza, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione». Con i 5Stelle in distanza perenne nelle ultime settimane con la commissione Lattanzi (nominata dalla Ministra Cartabia) per mantenere la norma Bonafede nella maxi riforma del processo penale, la sentenza della Consulta è duro colpo alla loro battaglia che potrebbe a questo punto portare a due destinazioni possibili: la rottura completa del tavolo nel Governo con i M5s sul fronte giustizia, oppure il ridimensionamento della richiesta e la “vittoria” del fronte garantista che non intende applicare il principio di “fine prescrizione mai”.