PRIMA CONSIGLIA, POI SI SMARCA: LE ULTIME MOSSE DI PRODI CON TANTO DI GELO AI CENTRISTI
Non sarà Romano Prodi ad aprire la prossima Direzione Nazionale del Pd, come invece richiesto dalla componente centrista di Comunità Democratica e delle altre correnti cattolico-moderate: lo comunica lo stesso ex Presidente dem, nonché fondatore dell’Ulivo, dopo gli inviti giunti da Pierluigi Castagnetti sui social. Le aperture e i consigli dati da Prodi nella sua ultima intervista a “La Repubblica” – volti a rilanciare l’intesa per una coalizione larga alla guida del Pd di Schlein – avevano scatenato la componente centrista nell’ipotizzare una prossima Direzione dem dove fosse addirittura l’ex Premier a tenere la relazione iniziale per indirizzare i lavori verso un cambio di passo interno al Partito Democratico.
Così non sarà, almeno non per il momento: in una nota rilanciata sempre da “Rep”, il Professore afferma di volersi tenere fuori dalle dinamiche interne del Pd, ritagliandosi il ruolo di grande saggio senza però avere più le redini di nessuna coalizione. «Tengo a precisare che non ho nessuna intenzione di accettare», spiega la figura di riferimento del mondo catto-dem che da mesi contesta l’allargamento a sinistra della Segretaria Schlein, richiamando invece a nuovi progetti che da Ruffini a Gentiloni possano portare la sinistra verso un’alleanza col centro moderato. Il punto è che il consiglio è dato, l’invito pure, ma lo “smarcamento” successivo ha di fatto gelato gli stessi centristi: Prodi non ri-discende in campo, anche se resta dirimente il suo monito lanciato a tutto il Nazareno sui progressi che il Pd può fare nel prossimo futuro solo se proverà ad allargare la coalizione.
IL “PIANO” PRODI PER IL FUTURO DEL PD E I CONSIGLI-MONITI A ELLY SCHLEIN
Serve costituire un nuovo Ulivo 30 anni dopo, solo che non potrà essere Romano Prodi nuovamente il deus-ex-machina della sinistra moderata: riformisti, cattolici, ex renziani, popolari e più chi ne ha, ne metta, sono avvisati. Così come avvisata è la stessa leader Schlein: l’ex Premier rimarrà presente ma solo nelle retrovie, spetterà ad altri provare a riunire un Centrosinistra che non può fermarsi ai “soli” alleati radicali e progressisti, leggasi AVS e Movimento 5 Stelle.
Al netto di attrarre nuovamente i vari Calenda, Magi e Renzi all’ovile, il Pd nei prossimi anni se vuole davvero competere con il Centrodestra di Giorgia Meloni deve fare molto più di quanto finora concluso: «la nuova democrazia che esige la coalizione», ha spiegato ancora Prodi nell’intervista a “Repubblica” che aveva inizialmente fatto “sognare” l’area centrista dentro il Pd. Devono esserci forze convergenti, rileva Prodi, dove però occorre fare presto e non rimanendo incastrati nelle logiche dei veti che finora hanno dominato il dibattito sul presunto “campo largo progressista”. Un elemento risulta abbastanza chiaro dall’analisi del “piano Prodi” sul futuro del Pd: quanto avanzato dall’altro ex Segretario, Dario Franceschini, non può essere accettato in vista delle prossime Elezioni Politiche. Il cosiddetto “Lodo Franceschini” – che in sostanza prevede l’andare divisi alle urne salvo coalizzarsi solo nei collegi uninominali – viene smontato e demolito da Romano Prodi: «serve una coalizione e deve essere il Pd ad avere la responsabilità maggiore». Al netto dell’unità da ricercare tra le varie correnti, ad esser messa sul banco degli “imputati” per la gestione non ottimale della coalizione è la stessa Elly Schlein: ufficialmente Prodi ha tessuto le lodi per la crescita del partito, salvo però riconoscere come si debba fare molto di più per allargare i cordoni del Centrosinistra. Già nello scontro a distanza fra Franceschini e Prodi su come approcciarsi alle prossime Elezioni emerge una spaccatura interna di cui al momento la Segretaria preferisce non commentare, lasciando agitare correnti e “colonnelli” dem. Il che non è necessariamente una buona notizia per Schlein…