“Pronto Soccorso Roma sono disumani”/ L’ex Primario: “impossibile lavorare. Le cure…”

- Niccolò Magnani

Caos sanità Lazio, la "fuga" di molti medici dai Pronto Soccorso di Roma e provincia: la denuncia dell'ex Primario, “condizioni disumani, impossibile lavorare. 600 pazienti in attesa...”

Pronto Soccorso a Roma Pronto Soccorso a Roma (LaPresse, 2022)

LA DENUNCIA DELL’EX PRIMARIO DI PRONTO SOCCORSO A ROMA: “DISUMANI, IMPOSSIBILE LAVORARE”

«Lavorare in quelle condizioni è inaccettabile dal punto di vista umano, etico e professionale»: la denuncia che il professor Paolo Daniele, ex primario del Pronto Soccorso di un ospedale della provincia di Roma, ha rilasciato al “Corriere della Sera” è piuttosto preoccupante. Il dossier presentato dal “Corriere Roma” negli scorsi giorni trattava per l’appunto l’argomento delle numerose dimissioni ai vertici dei Dea (Dipartimenti di emergenza) e Pronto Soccorso della Capitale: «Se ne vanno in quattro o cinque al mese. Scelgono di passare nei reparti specialistici, di cambiare ospedale o addirittura indirizzo professionale virando sulla medicina di famiglia o sul privato. E così i dipartimenti di emergenza, i Dea, si svuotano con conseguenze disastrose per la prima linea, il pronto soccorso», scriveva solo lo scorso 10 settembre Margherita De Bac raccogliendo diverse testimonianze di forti criticità nella gestione della Sanità di Regione Lazio, in particolare nella Sanità.

Sull’edizione domenicale del “Corriere.it” viene poi mostrata una delle tante testimonianze giunte, questa volta in forma diretta con il professor Paolo Daniele, ormai ex Primario del Pronto Soccorso di un ospedale della provincia romana: ha lasciato il posto e si è trasferito con un nuovo incarico al Pertini di Roma, spiegando il perché della “grande fuga” dei medici dai reparti di emergenza. «Lavorare in quelle condizioni oggi è inaccettabile dal punto di vista umano, etico e professionale. È possibile che mentre stai curando un infarto, ti entra nella stanza una persona piena di cocaina che distrugge tutto». Secondo il medico ex Primario, «Buona parte di quelli che restano lo fanno perché hanno amore per questa professione, chi perché non trova una alternativa», ma sarebbero tantissimi pronti ad andarsene già da oggi da posizioni anche apicali nei Pronto Soccorso di Roma.

COSA SUCCEDE AI PRONTO SOCCORSO DI ROMA CAPITALE: LE PORTE, LE DIMISSIONI E I NUMERI CHOC

Tra i più penalizzati vi sono tra l’altro proprio i Pronto Soccorso di provincia che ricevono nuove forze di medici da Roma solo quando il “mercato” romano è saturo: Giulio Maria Ricciuto, presidente di Simeu Lazio (società di medicina di emergenza-urgenza), al “Corriere” ha raccontato come «in Regione Lazio mancano oltre 400 unità in organico, suddivise tra 50 centri di pronto soccorso, compresi quelli polispecialistici e i pediatrici». Le attese dei pazienti per un ricovero resta, al momento, un fattore indecente della sanità locale: concetto ribadito anche dal professor Daniele, sempre nell’intervista al quotidiano diretto da Luciano Fontana.

«Molti vogliono dimettersi… lavorare in condizioni di tranquillità, sicurezza; la mission non è gestire la terapia ma salvare la vita umana. In questo momento che parliamo nei Pronto Soccorso romani è probabile che ci siano 500-600 pazienti in attesa di un posto letto!», denuncia il medico Paolo Daniele che sottolinea poi una netta mancanza di un elemento forse considerato “banale” ma che decisamente banale non lo è, «Servono le porte! Non ci sono porte che si aprono da dentro: ci sono porte che si aprono appena qualcuno arriva. Per cui succede che mentre stai gestendo un infarto ti arriva qualcuno in crisi tossicodipendente e ti distrugge il reparto! Tutti i Pronto Soccorso sono cosi: non c’è prospettiva di migliorare il lavoro, ti puoi aspettare di tutto». Antonio Magi, presidente dell’ Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma, a Radio24 fotografa una situazione di ‘emergenza medici” nella Capitale: «La situazione sta precipitando. Abbiamo avuto grandi tagli, in particolare il Lazio che aveva un piano di rientro e ha tagliato organici dal 2010 non sostituendo chi andava in pensione e così la situazione si è complicata. Stanno diventando un terminale di sfogo sociale, leggiamo cronache di atti di violenza, denunce».







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