Il Psg campione d'Europa ha vinto la Champions League grazie alle spese o credendo nel progetto? Entrambe, vediamo in che modo.
PSG VINCE LA CHAMPIONS LEAGUE: L’ANALISI DI UN TRIONFO
Il Psg che ha vinto la Champions League nella notte del 31 maggio, timbrando il primo trionfo nella sua storia grazie al roboante 5-0 rifilato all’Inter, ha fatto e sta facendo discutere da giorni. Del resto, siamo nell’epoca dei social: ormai ogni singolo argomento viene analizzato e sviscerato da milioni di utenti, ciascuno dice la sua ed è difficile districarsi nel mare di opinioni e ragionamenti. Al netto degli sfottò, o anche solo delle differenze da cercare tra il Paris Saint Germain che ha dominato e l’Inter che è stata schiacciata nella notte di Monaco di Baviera, uno dei principali argomenti di discussione è quello economico: anche qui, una costante.
Da una parte ci sono quelli che sostengono come il Psg sia riuscito a vincere la Champions League nel momento in cui ha abbandonato le spese folli per concentrarsi su un progetto concreto; dall’altra invece i detrattori di questa tesi, che ripetono con insistenza come per vincere servano sempre e comunque i soldi e, a corredo di questo, citano le spese che Nasser Al Khelaifi ha comunque operato tra estate e inverno.
Nello specifico, dati Transfermarkt alla mano: 70 milioni di euro per Khvicha Kvaratskhelia a metà stagione, 60 per Joao Neves, 50 per Désiré Doué, 40 per Willian Pacho e 20 per Matvey Safonov, tra l’altro portiere di riserva che ha avuto ben poco spazio. Escludendo il russo, ben poco centrale nel Triplete parigino, il totale parla di 220 milioni di euro in una singola annata: ecco, diciamo che da questo punto di vista il paragone con l’Inter non regge. Certo, per vincere serve comunque spendere; tuttavia, ci appare abbastanza riduttivo spiegare la vittoria della Champions League del Psg con il mero aspetto economico.
PSG CAMPIONE D’EUROPA: I SOLDI SERVONO, MA NON BASTANO
Addentriamoci nel discorso: Nasser Al Khelaifi è presidente del Psg dal 2011. In breve tempo ha reso la sua squadra una corazzata inavvicinabile in campo francese, tanto da lasciare per strada solo due campionati (tre, contando anche quello del 2011-2012 quando però si era appena insediato). In Champions League però non era mai riuscito a vincere: questo nonostante spese folli di calciomercato, tra i nomi più celebri passati sotto la Torre Eiffel possiamo ricordare Edinson Cavani, Ezequiel Lavezzi, Zlatan Ibrahimovic, Marco Verratti, Angel Di Maria, Julian Draxler, Dani Alves, Thiago Silva, Gianluigi Buffon, Javier Pastore e stiamo solo grattando la superficie.
Ad un certo punto, con Neymar già nella rosa e pagato a peso d’oro, con Kylian Mbappé già strappato al Monaco a cifre impossibili a quasi tutta la concorrenza, il Psg è andato all in: vero che sono stati acquisti a parametro zero, ma gli stipendi di Lionel Messi e Sergio Ramos non si pagavano certo da soli.
Ebbene: nei due anni in cui Messi è stato al Psg, la squadra è stata eliminata per due volte agli ottavi, prima dal Real Madrid e poi dal Bayern Monaco, e in precedenza con tanti campioni in rosa non è mai andato troppo lontano, giocando una sola finale – nel 2020, nella bolla portoghese, quando l’eliminazione diretta era di sola andata – e perdendola comunque, beffardamente con il gol dell’ex Kingsley Coman, uno lasciato andare forse troppo presto per fare spazio a nomi da figurina.
IL RUOLO DI LUIS ENRIQUE
Dunque, dove sta la verità? Nel mezzo, come si suol dire: sicuramente è vero che nel calcio di oggi vincere senza spendere è impossibile (anche il favoloso Leicester campione d’Inghilterra aveva un monte ingaggi non esattamente basso, anche se in quel caso c’era il paragone con le big di Premier League); tuttavia, un conto è versare soldi tanto per farlo e un altro è invece avere un progetto tattico, e in questo molto spetta all’allenatore.
Non vogliamo lodare Luis Enrique perché c’è chi lo ha già fatto e anche questo esercizio rischia di essere stucchevole (i tanti che oggi lo osannano tra gli allenatori migliori al mondo lo incensano retroattivamente per la “visione” che a Roma non fu capita, ma ricordiamo bene quali erano i commenti all’epoca).
Tuttavia il manager spagnolo ha realmente capito che la situazione in casa Psg era arrivata ad un punto tale per cui bisognava resettare e ripartire. Lo ha fatto rinunciando agli strapagati campioni, in questo anche aiutato da certe situazioni; lo ha fatto acquistando calciatori con cui ha potuto sviluppare il suo gioco, esaltando le qualità di Bradley Barcola e poi lanciando definitivamente Doué, inserendo alla grande Kvaratskhelia quando è arrivato. Per quanto riguarda Ousmane Dembélé, evidentemente Luis Enrique è stato bravo a toccarne le corde giuste innanzitutto sul piano mentale, prima ancora che trovargli il ruolo giusto.
A proposito: per acquistare Dembélé dal Barcellona, il Psg ha speso 50 milioni di euro, e nella rosa campione d’Europa figurano Gianluigi Donnarumma (preso a zero, ma percepisce 12 milioni d’ingaggio), Achraf Hakimi (71 milioni), Vitinha (40 milioni) e il capitano Marquinhos (oltre 31 milioni): dunque sì, il Psg che ha vinto la Champions League nella notte dell’Allianz Arena ha investito tantissimo denaro, ma per sollevare il trofeo più ambito ha dovuto trovare un allenatore in grado di far fruttare tutti quei milioni. Nessun miracolo, nessun ripudio dei campioni, solo la capacità di mettere in campo una squadra dominante, che lo ha dimostrato partita dopo partita.
Tuttavia, in chiusura bisogna aggiungere una postilla: è certamente più semplice per il Psg, come anche per Manchester City e Real Madrid e altre ancora, avere più occasioni lungo la storia per arrivare a vincere la Champions League. Da questo punto di vista ci sentiamo di “parteggiare” per chi sottolinea l’importanza economica: nello sport le grandi imprese sono sempre accadute, ma si chiamano così perchè non si ripetono spesso. Il Paris Saint Germain, comunque, parte sempre per vincere: questo grazie alla possibilità di investire, la differenza tra provarci e riuscirci però va cercata in altri fattori.