“Quasi amici”, che va in onda stasera su Canale 5Philippe Pozzo di Borgo, un miliardario rimasto paralizzato dal collo in giù in seguito ad un incidente col parapendio avvenuto il 23 giugno 1996. È in particolare la satira della sua amicizia con Abdel Yasmin Sellou, il suo badante algerino, non senegalese come il personaggio nel film. Questa storia, prima di diventare film, è stata raccontata nel libro “Le Second souffle” su cui si basa la sceneggiatura della pellicola del 2011 diretta da Olivier Nakache ed Eric Toledano. Dopo essere rimasto paralizzato, Philippe Pozzo di Borgo subì un’altra grave perdita: la morte della moglie Beatrice tre anni dopo il suo incidente. Questo lutto lo fece cadere in uno stato di profonda depressione.
Durante la ricerca di un badante, incontrò Abdel Yasmin Sellou, il quale accettò il lavoro per poter continuare a usufruire degli incentivi statali. Il badante nella storia vera è esattamente come viene descritto nel film “Quasi amici”. È un giovane con la tendenza a mettersi nei guai, ma che poi matura grazie all’amicizia con Philippe che gli insegnerà ad essere più responsabile.
QUASI AMICI, LA STORIA VERA: L’INCONTRO TRA PHILIPPE E ABDEL
Philippe e Abdel, la cui amicizia ha ispirato il film “Quasi amici”, sono legati ancora oggi, anche se sono ormai 15 anni che Abdel Yasmin Sellou non lavora più per Philippe Pozzo di Borgo. Attualmente vive in Algeria, con la moglie e i tre figli. Qui gestisce un piccolo allevamento di polli. Invece Philippe vive in Marocco con la seconda moglie Kadhija e i suoi due figli. Premiato con l’onorificenza di Cavaliere alla Legione d’onore, Philippe è diventato un fervente attivista contro l’eutanasia, infatti ha creato il movimento “Soulager mais pas tuer”, cioè “Dare sollievo ma non uccidere”. In un’intervista all’Avvenire, Abdel parlò del suo incontro con Philippe come di un «miracolo», perché entrambi hanno «capovolto il destino che sembrava già scritto». Nello specifico, Philippe «sembrava condannato all’immobilità», lui invece «alla galera». Insieme hanno ribaltato le loro vite: «Io con l’incoscienza dei miei vent’anni l’ho costretto a uscire di casa, gli sono stato complice in stravaganti esperienze, lui ha fatto di me un uomo vero, è stato la mia coscienza, mi ha dato un futuro». Più che un amico, Abdel definisce Philippe «un padre, un maestro», il suo angelo.