Questo mondo non mi renderà cattivo ha in comune diverse cose con Strappare lungo i bordi, la prima serie animata prodotta da Zerocalcare per Netflix nel 2021. Per certi aspetti ne è la continuazione: stessi amici, stesso quartiere, stesso dibattito interiore con la propria coscienza. Ma vi è una cosa che fa la differenza e che pesa in modo determinante sulla seconda, ed è proprio il grande successo della prima, che ha cambiato la vita – ovviamente in meglio – del giovane artista e disegnatore romano.
Da questo “passaggio” rilevante della propria esistenza – il successo – Zerocalcare elabora un vero e proprio senso di colpa. Anzi, potremmo dire che il tema dominate della seconda stagione è proprio il “senso di colpa” dell’autore-protagonista che non sa bene come gestire il successo di cui ora gode. Certo, ha fatto i soldi ed è rispettato da tutti, ma non riesce a capire perché questo influisce negativamente sulle persone a lui più vicine. Più lui pensa di poter “usare” anche per loro questo nuovo “potere”, più deve rendersi conto che i suoi amici non lo considerano più uno di loro.
Non è servito a niente non aver cambiato casa e quartiere, non aver cambiato idee politiche, non aver modificato il proprio stile di vita. Si è ormai insinuato tra lui e la realtà che lo circonda il sospetto, i suoi amici di sempre non si fidano più di lui, le cose che dice non hanno più il valore di una volta. “Facile per te venire a farci qui la morale”, le dice a un certo punto Sarah, la sua amica più cara, da lui sorpresa a mentire per poter difendere il suo posto di lavoro, per altro “precario”.
Per questo motivo la trama di Questo mondo non mi renderà cattivo rischia di avere un valore relativo. Siamo sempre nella stessa periferia romana, la stessa panchina, la stessa gelateria. La vita ordinaria del quartiere viene sconvolta quando in un edificio abbandonato sono sistemati una trentina di immigrati. La protesta strumentale dei giovani estremisti di destra non si fa attendere. Tra di loro Zerocalcare riconosce Cesare, un ragazzo enorme e con una forza fuori dal comune, che era stato suo amico da ragazzo.
Cesare aveva avuto problemi con la droga, ma Zerocalcare non riesce ad accettare che un ragazzo come lui sia potuto trasformare in un mazziere fascista. Così quando lo scontro tra manifestanti di opposte tendenze finisce con una retata della polizia (intervenuta con colpevole ritardo), Zerocalcare ha la possibilità di raccontare la sua versione dei fatti e analizzare i motivi per cui in un quartiere povero, senza lavoro e servizi, il tema dell’immigrazione può dividere e trascinare le persone all’odio, a diventare appunto “cattivi”.
Chiuso in un commissariato, le riflessioni con la sua coscienza – l’Armandillo ha sempre la voce di Valerio Mastandrea – Zerocalcare cerca di capire le ragioni di tutti e di individuare le responsabilità di chi abbandona a se stessi questi giovani e le periferie. Come dicevamo però egli vive tutto ciò con senso di colpa, perché lui è uno dei pochi che invece ha avuto fortuna, e il suo successo è dipeso proprio dalla capacità di raccontare la vita di questi giovani senza lavoro, la condizione di abbandono di questi territori, la vita che scorre lentamente seduti su una panchina in attesa di non si sa bene cosa.
Ora si chiede se rimarrà una voce credibile? Ma questa è la domanda a cui dovrà cercare di dare una risposta in futuro, alla vigilia della terza stagione.
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