Nell’aprile del 1975 due giovani vite vennero spezzate dalla violenza degli ormai tristemente noti “anni di piombo”.
Carlo Saronio viene rapito il 14 aprile; aveva 25 anni, era laureato in ingegneria ed era figlio di una ricca famiglia di industriali. Durante gli anni delle superiori aveva frequentato un gruppo legato a Gioventù Studentesca, impegnandosi soprattutto nella “caritativa” in una parrocchia di Quarto Oggiaro, un quartiere allora degradato di Milano.
Grazie a un amico ho potuto visionare una sorta di documentario, Incontro, che racconta la storia di questo gruppetto di ragazzi, la loro vacanza autogestita, il loro ingresso nelle università, teatro continuo di assemblee e occupazioni. Carlo abbandonerà il mondo del volontariato per rivolgersi ad un altro tipo di istanza: frequenta Potere Operaio, aiuta economicamente il gruppo e si coinvolge con le idee rivoluzionarie fino a ospitare in casa Carlo Fioroni, che sarà proprio tra coloro che lo tradiranno.
Il rapimento viene infatti orchestrato dai suoi compagni, con lo scopo di ottenere una cospicua somma in riscatto; una dose eccessiva di cloroformio porterà però Carlo a morire. Il suo cadavere verrà nascosto a Segrate e solo nel ’79, dopo pentimenti, interrogatori, menzogne e calunnie, la madre potrà dare degna sepoltura a Carlo.
Mario Calabresi ha ricostruito la vicenda del rapimento nel suo libro Quello che non ti dicono, permettendo a Carlo di uscire dalla memoria e di entrare nelle pagine della storia di quegli anni, soprattutto grazie a Marta, figlia di Carlo, nata otto mesi e mezzo dopo il suo rapimento.
Sergio Ramelli muore a Milano il 29 aprile di quell’anno, dopo 47 giorni di agonia. Il 13 marzo un gruppo di esponenti di Avanguardia Operaia lo attende sotto casa per picchiarlo a sangue. Sergio frequentava l’Istituto tecnico “Molinari”, militava nel Fronte della Gioventù e non aveva nascosto le sue idee politiche; in particolare, in un tema aveva criticato le Brigate Rosse e lamentato il clima di connivenza che c’era nell’Italia del tempo.
Il tema venne affisso alla bacheca della scuola e tacciato di fascismo; lo studente venne colpito da una campagna diffamatoria fatta anche di violenza fisica, a tal punto da essere costretto a ritirarsi dal Molinari ed iscriversi in una scuola privata. Nel febbraio del 1975 il padre stesso, recatosi con Sergio a scuola per le pratiche necessarie alla richiesta del nulla osta, venne aggredito, come anche alcuni docenti che cercavano di difenderlo.
L’attacco del 13 marzo avvenne con l’arma tipica della violenza degli anni Settanta, la Hazet 36, una chiave inglese utilizzata dai picchiatori, dal “servizio d’ordine”, insomma da chiunque nei cortei o fuori (come nel caso dell’agguato a Sergio) intendesse far valere il proprio punto di vista.
Come per Carlo, anche gli assassini di Sergio si pentiranno e confesseranno, e anche qui l’intenzione, diranno, non era quella di uccidere. La vicenda di Sergio Ramelli, oltre che nell’ormai classico Cuori neri di Luca Telese, è raccontata da Pino Casamassima in Hazet 36. Sergio Ramelli. Storia di un omicidio politico.
Insegno storia al liceo, sono mamma di sette figli e mi domando: come potrò raccontare queste due storie? Come parlare di Carlo e Sergio ai cuori dei miei alunni, che sembrano distanti anni luce dagli estremismi e soprattutto dalla violenza degli anni Settanta?
Saranno due i punti da tenere presente. Il primo è l’eterna lezione della storia: la storia infatti è il racconto del passato umano in quanto umano. L’uomo è lo stesso, oggi, ieri e sempre: diversi i contesti, distanti anni luce i climi, la musica, il linguaggio, ma il cuore è lo stesso. Sergio e Carlo avevano lo stesso desiderio dei miei alunni, ma prima ancora del desiderio di cambiare il mondo veniva il desiderio di essere felici, di vivere intensamente, di possedere tutto. Ecco, questo è il livello di interesse.
Il secondo aspetto è il punto di vista delle mamme. Nella confusione educativa dei nostri tempi, forse il bene delle madri ancora resiste. I giorni di attesa della signora Saronio, le telefonate minacciose alla signora Ramelli, e poi il tempo passato a interrogarsi, a capire, a rispondere, a scrivere… di quante cose è piena la vita di queste madri e di ogni madre, che davvero tutto serba nel suo cuore.
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