Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con Istat, nel Rapporto sulla Sussidiarietà 2022 ha analizzato il contributo che la partecipazione attiva alla società di persone ed enti intermedi dà allo sviluppo sostenibile della società stessa. Anche una superficiale osservazione della realtà porta a dire che è meglio una società dove le persone sono attive e contribuiscono al benessere collettivo che una in cui prevale l’individualismo.
Ma in Italia abbiamo ben 375mila organizzazioni non profit, vi collaborano 900mila persone e mobilitano 4 milioni di volontari, svolgono servizi in tantissimi settori eppure nessuno aveva finora cercato di misurare quanto contribuiscono al benessere generale del Paese.
Il Rapporto presentato a Roma il 31 gennaio (l’evento è disponibile su www.sussidiarieta.net) risponde a questa mancanza. I dati della ricerca presentati dai professori Vittadini (Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà) e Giancarlo Blangiardo (Presidente di Istat) si basano sull’analisi delle variabili considerate per il Bes, l’indicatore di Benessere equo e sostenibile che va oltre il Pil per misurare i cambiamenti sociali. L’obiettivo alla base della ricerca è misurare quanto fa bene fare del bene. I risultati trovati indicano che sia per i singoli coinvolti nelle attività che per la società nel suo complesso la presenza di attività sussidiarie attivate dal Terzo settore migliora la crescita occupazionale, migliora l’attenzione alla salute dei singoli e la coscienza sociale per comportamenti di tutela della sicurezza e della salute, diminuisce i rischi di povertà ed è statisticamente provato il contributo che assicura allo sviluppo sociale.
Allargare gli spazi di sussidiarietà e favorire la crescita di attori sociali capaci di intervenire con servizi sempre più adeguati alle domande della società permette di costruire risposte a molti problemi che il cambiamento sociale determina. I contributi forniti dai partecipanti al dibattito (il Presidente di Fondazione Cariplo, la portavoce del Terzo settore, il direttore generale di ELIS e il Public Policy leader di Deloitte) hanno portato esempi concreti di interventi significativi di politiche pubbliche realizzate da interventi sussidiari di enti impegnati nella formazione professionale, nell’assistenza agli anziani e nelle risposte date a vecchie e nuove povertà.
Sull’intreccio di nuove emergenze giovanili e povertà si è concentrato anche l’intervento della ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone. Forte della precedente esperienza di Presidente della Fondazione Consulenti del lavoro, con cui ha realizzato importanti interventi sussidiari nel campo dei servizi per le politiche attive del lavoro, ha sottolineato il ruolo che il Terzo settore già esercita nei programmi rivolti a contenere la crescita dei Neet. Il settore della formazione professionale gestito da realtà non profit ha dimostrato maggiore capacità di rispondere al crescente abbandono scolastico e anche di sviluppare una capacità di inserimento lavorativo dei giovani che ne fa un pilastro delle politiche per il lavoro giovanile previste dal Ministero. La stessa capacità di assicurare formazione professionale e accompagnamento al lavoro dovrà caratterizzare anche la revisione del Reddito di cittadinanza. Questo è il metodo e l’obiettivo che si può perseguire per assicurare percorsi di uscita dalla povertà e dalla dipendenza da sussidi pubblici attraverso l’acquisizione di competenze professionali con chi è poi capace di sostenere le persone in nuove attività lavorative.
Due interventi capaci di allargare lo sguardo sui possibili orizzonti che i dati della ricerca aprono a una nuova fase di sviluppo sociale sono venuti da Luca Antonini, giudice della Corte Costituzionale, e dal Professor Franco Gallo, presidente della Treccani.
Il Prof. Antonini ha svolto un ragionamento teso a indicare lo sviluppo della sussidiarietà come nuova fase di attuazione della Carta costituzionale e insieme la migliore risposta alle sfide che la complessità pone rispetto alla prospettiva di uno sviluppo sostenibile. La sentenza 131/20 della Corte costituzionale sul Terzo settore contiene una lettura della società che apre strade ancora tutte da esplorare. L’ottica di partenza della riflessione è quella di un’antropologia positiva, l’uomo è capace di bene. Promuovere spazi perché questa capacità possa esercitarsi ed essere utile agli altri comporta un cambiamento profondo. Non intervengo più per controllare gli istinti prevaricatori dell’uomo verso i suoi simili, ma scommetto sulla sua capacità di collaborare al bene comune. Ciò riguarda i singoli nei confronti del potere pubblico, ma soprattutto la possibilità per le aggregazioni sociali, i famosi corpi intermedi, di esercitare un ruolo nella società. È quanto indicava l’on. Aldo Moro quando evidenziava il valore dell’art. 2 della nostra Costituzione che assegna la libertà ai singoli e alle organizzazioni sociali.
La sussidiarietà, la partecipazione attiva delle perone ad attività sociali, diventa così anche scuola di formazione civica. È argine contro la disintermediazione sociale e contro l’impoverimento della democrazia, rafforza la sostenibilità sociale e il sistema democratico nell’affrontare una nuova domanda di sicurezza sociale.
Il Prof. Gallo ha indicato la sussidiarietà, una nuova legislazione che la proponga e la sostenga, come il modo per rispondere alla sfida di uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile. Vi è una domanda di un nuovo modo di essere dello Stato per rispondere ai deficit che il rapporto Stato-mercato hanno determinato di fronte alle ultime crisi ambientali, economiche, sociali e della salute. Si è aperta una domanda di gestione diversa dei beni comuni che chiede un nuovo spazio di intervento pubblico gestito direttamente dalla società con nuove forme di partecipazione associata. I dati della ricerca confortano nel dire che la capacità di occuparsi di quei temi che Stato e mercato fanno fatica ad affrontare è possibile fronteggiarli con l’aiuto di quei soggetti sociali che già presidiano le periferie dell’esistente.
La sintesi finale di Vittadini ha ricordato come siamo usciti dal biennio di chiusura dovuto alla pandemia. Potevamo trovarci ripiegati su noi stessi e chiusi in atteggiamenti egoistici. Abbiamo invece trovato che ancora più di prima c’è una crescente partecipazione di popolo ad attività sociali. Insieme cresce la domanda di partecipare e condividere le decisioni che ci riguardano nel lavoro, come nelle altre organizzazioni sociali cui si partecipa. Eravamo famosi per essere il Paese dal forte risparmio e questo era elemento di fiducia per il futuro. A questa dote aggiungiamo la forte presenza di una rete sussidiaria nella società italiana.
Insomma, la sussidiarietà è una nuova variabile da misurare per valutare lo sviluppo sociale sostenibile. Questo rapporto diventa la base, per la Fondazione per la sussidiarietà, per candidarsi a essere, nei prossimi anni, il misuratore di quanto la variabile sussidiarietà contribuisce al benessere italiano.
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