È una delle pochissime interviste rilasciate nel corso della sua carriera vaticana quella odierna pubblicata dal Tempo che ha avuto modo di parlare con padre Georg Gänswein – attualmente arcivescovo di Urbisaglia e Nunzio Apostolico di Estonia, Lettonia e Lituania – che venne scelto da Joseph Aloisius Ratzinger come segretario dopo la sua elezione a Papa con il nome di Benedetto XVI che risale al 19 aprile del 2005: proprio in occasione di questa importante ricorrenza, padre Georg ha deciso di aprirsi e ricordare quella figura che lui più di chiunque altro – forse secondo solo a Papa Giovanni Paolo II – conobbe nel profondo.
Non a caso, il Nunzio Apostolico dei Paesi Baltici confessa che i ricordi sull’elezione e l’insediamento di Ratzinger “sono vivissimi” ancora oggi, con quel primo incontro dopo “circa un’ora” dall’elezione nel quale “mi sono inginocchiato (..) gli ho fatto gli auguri (..) e gli ho offerto la mia piena disponibilità nell’assisterlo“: disponibilità – ricorda ancora – che colse immediatamente “volentieri”, scegliendolo come suo segretario e fidato consigliere per tutti ed otto gli anni di papato.
Padre Georg Gänswein: “Ratzinger era turbato dalla sfide che lo attendevano, ma la raccolse e seppe vincerle”
Restando con la mente proprio ai giorni dell’insediamento di Papa Benedetto XVI, padre Georg racconta anche per la prima volta che nei momenti precedenti al Conclave lo vide sempre “raccolto, serio e silenzioso“: uno stato d’animo che si ripeté anche quando fu convocato con gli altri Cardinali per l’elezione, scegliendo di recarsi “da Santa Marta alla Cappella Sistina (..) a piedi” accompagnato dal suo futuro segretario che ricorda che “non [disse] neanche una parola” con un silenzio “più eloquente di tante parole” che lasciò intendere che “il suo cuore era agitato, stava riflettendo, lottando, temendo [e] soffrendo“.
Non a caso, l’arcivescovo ricorda che per Ratzinger il pensiero di diventare Papa “gli ha torturato e rubato la pace del cuore”, soprattutto per via di quelle “pericolose sfide, che lui stesso definiva come ‘dittatura del relativismo‘” che in quel momento stavano interessando sia la Fede che la Chiesa; fermo restando che in ogni caso decise di affrontarle lasciando dietro di sé “un’eredità morale e spirituale” che ancora oggi “è tutta da scoprire” e che sicuramente l’ha reso – e lo testimonia l’affetto mostrato dai tanti fedeli che nel 2022 si sono voluto “congedare dal defunto Pontefice” – uno dei Papi più amati dal pubblico.
In conclusione – poi – padre Georg ha anche voluto commentare il rapporto unico tra Papa Benedetto XVI e il suo predecessore (oggi Santo) Karol Wojtyla: un rapporto iniziato proprio durante il papato di Giovanni Paolo II e che oggi il Nunzio Apostolico descrive come ben più importante e profondo della semplice “collaborazione” in una vera e propria “relazione strettissima, caratterizzata da grande stima e fiducia reciproca” che lui – osservandola dall’interno – ricollega al fatto che entrambi nutrivano il medesimo “amore verso Cristo e la sua Chiesa”.